Il gruppo petrolifero britannico BP è tornato al centro dell’attenzione dei trader e degli investitori, mentre la società potrebbe essere un potenziale obiettivo di acquisizione. Tuttavia, molti analisti del settore energetico restano scettici sulla possibilità che i candidati più quotati concretizzino un'offerta. Vediamo tutti i dettagli.
BP al centro dell’attenzione: si apre lo scenario di una possibile acquisizione
Il colosso energetico britannico BP è tornato sotto i riflettori come uno dei principali candidati a una possibile acquisizione, in un momento di trasformazione profonda per l’intero settore. La società, che giovedì terrà la sua assemblea annuale degli azionisti, si trova nel bel mezzo di un tentativo di ridefinizione della propria identità.
Dopo un periodo di sotto-performance rispetto ai concorrenti e di incertezza strategica, BP ha recentemente annunciato un cambio di rotta significativo: ridurre gli investimenti nelle energie rinnovabili e aumentare la spesa nel core business legato al petrolio e al gas.
Questo riposizionamento ha l’obiettivo di riconquistare la fiducia degli investitori e sta già attirando l’interesse per alcune delle sue attività non strategiche, secondo quanto dichiarato dal CEO Murray Auchincloss.
Chi potrebbe acquistare BP e perché?
L’attenzione nei confronti di BP come potenziale target di acquisizione si è intensificata, alimentando speculazioni su possibili acquirenti. Tra i nomi più discussi ci sono i giganti americani Exxon Mobil e Chevron, oltre alla connazionale Shell.
Queste società stanno cavalcando una nuova fase di consolidamento nel settore energetico, dove la logica del “comprare è meglio che costruire” sembra avere la meglio. Lo dimostrano le recenti operazioni come l’acquisizione da parte di Exxon di Pioneer Natural Resources per 60 miliardi di dollari o il tentativo di Chevron di rilevare Hess per 53 miliardi, anche se quest’ultima operazione è ancora avvolta da criticità legali.
Secondo l’analista Maurizio Carulli di Quilter Cheviot, Chevron potrebbe concretamente interessarsi a BP nel caso in cui la trattativa con Hess dovesse fallire. Anche Shell è spesso citata tra i possibili acquirenti, ma un’eventuale fusione con BP solleverebbe problemi a livello regolamentare, oltre a entrare in conflitto con la disciplina finanziaria promossa dal CEO Wael Sawan.
Gli ostacoli non mancano nemmeno per Exxon, che pur avendo già valutato fusioni durante la pandemia, potrebbe trovare in BP un’opportunità interessante per razionalizzare costi, eliminare sovrapposizioni e accedere a nuove attività, pur con qualche perplessità sul fronte della crescita rispetto ad altri target più dinamici come Hess.
La crisi identitaria di BP e la pressione degli investitori attivisti
Il ritorno al fossile da parte di BP rappresenta una netta svolta rispetto alla precedente strategia incentrata sulla transizione verde. Tuttavia, questa inversione di marcia non ha messo fine alle pressioni da parte degli azionisti, anzi.
Hedge fund come Elliott Management avrebbero già accumulato una quota vicina al 5%, diventando tra i maggiori investitori della compagnia. Allo stesso tempo, l’organizzazione attivista Follow This ha chiesto agli azionisti di opporsi alla riconferma del presidente Helge Lund, in segno di protesta per l’allontanamento dagli obiettivi ambientali. BP ha poi annunciato che Lund lascerà il suo incarico entro il 2026, aprendo di fatto un processo di successione.
Tre leve strategiche per soddisfare le aspettative degli azionisti
Secondo Michele Della Vigna di Goldman Sachs, la nuova direzione strategica di BP può essere considerata saggia e coerente, ma potrebbe non essere sufficiente per soddisfare le aspettative degli investitori più esigenti.
Tre sono, secondo lui, le leve strategiche che potrebbero essere valorizzate: la dismissione della quota residua in Rosneft, la valorizzazione del comparto marketing e convenience (che potrebbe ottenere valutazioni molto più alte rispetto al resto del gruppo) e infine una riflessione sul posizionamento geografico della società.