Auto: scioperi a Detroit, quali ricadute sull'inflazione? | Investire.biz

Auto: scioperi a Detroit, quali ricadute sull'inflazione?

15 set 2023 - 16:00

15 set 2023 - 17:39

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Il mancato accordo per il rinnovo dei contratti del comparto auto statunitense ha innescato lo sciopero degli iscritti all'UAW. Vediamo gli effetti sui prezzi

Il mondo automobilistico statunitense è attualmente scosso dal primo sciopero lanciato dal sindacato United Auto Workers (UAW) contro le tre big del settore: Ford Motor, General Motors e Stellantis. Le parti non sono riuscite ad accordarsi per il nuovo contratto sugli aumenti salariali prima della mezzanotte di giovedì; pertanto, i rappresentanti dei lavoratori hanno invitato gli iscritti a lasciare gli stabilimenti. Le strutture di Ford a Wayne (Michigan), di General Motors a Wentzville (Missouri) e di Stellantis a Toledo (Ohio) subiranno disagi nei prossimi giorni.
 
Altre fabbriche per il momento non sono state colpite, ma il presidente del sindacato Shawn Fain ha avvertito che lo sciopero potrebbe estendersi se necessario. Fain per tutta l'estate ha minacciato di fermare la produzione se non fossero stati presi provvedimenti per contrastare i salari stagnanti e la chiusura di impianti. Tra l'altro, il rappresentante sindacale aveva contestato aspramente alle case automobilistiche di distribuire dividendi e attuare riacquisti di azioni arricchendo la proprietà mentre era in ballo una delicata questione salariale. 
 
 

Le richieste del sindacato e la posizione delle società

United Auto Workers, che rappresenta circa 150 mila lavoratori delle tre case automobilistiche, vuole un aumento dei salari del 40% in un arco temporale di quattro anni. Un incremento, questo, che sarebbe simile a quello relativo ai compensi degli Amministratori delegati. Inoltre, per i nuovi assunti, il sindacato chiede che il percorso per raggiungere una retribuzione massima di circa 32 dollari all'ora sia ridotto dagli attuali otto anni a soli 90 giorni, e che il salario sia agganciato al costo della vita. Per Bloomberg, questi provvedimenti potrebbero implicare spese aggiuntive, per ognuna delle aziende coinvolte, di oltre 80 miliardi di dollari in quattro anni.
 
I produttori di auto hanno in questi giorni fatto delle controproposte: l'Amministratore delegato di Ford, Jim Farley, ha dichiarato che l'azienda ha presentato una "offerta storicamente generosa senza ricevere una vera controproposta da parte del sindacato". Anche General Motors ha affermato di essere andata incontro ai lavoratori con "un'offerta record" che riguardava un aumento salariale del 20%, un percorso ridotto della metà (da 8 a 4 anni) per la massima retribuzione, due settimane di congedo parentale e fino a cinque settimane di ferie. Quanto a Stellantis, la società italo-francese di diritto olandese ha comunicato di aver avviato "trattative con la serietà che merita e un impegno a raggiungere un accordo equo che affronti responsabilmente le preoccupazioni dei dipendenti rappresentati".
 
Tutti e tre i leader dell'automotive hanno comunque espresso delusione per il mancato accordo, accusando il sindacato di essere poco ricettivo alle loro proposte. Il Ceo di General Motors, Mary Barra, ha comunque fatto sapere che l'azienda intende proseguire i colloqui con il sindacato per risolvere la questione dello sciopero.
 
 

Le ricadute sull'inflazione 

La questione salariale rischia di accendere una miccia che potrebbe essere distruttiva sul fronte inflazionistico, soprattutto in un momento molto delicato in cui i prezzi negli Stati Uniti stanno tornando a salire. E anche per questo oggi dello sciopero parlerà il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, in un discorso alla Casa Bianca (il Michigan ed il Wisconsin sono due stati chiave in vista delle elezioni del 2024 e gli impatti economici dello sciopero potrebbero minare in partenza la campagna di Biden). 
 
Attualmente, i costi del lavoro per Ford, General Motors e Stellantis, ammontano in media complessivamente a circa 65 dollari l'ora, benefit compresi. La cifra è ben più alta rispetto a quella di soggetti non sindacali come Tesla, il cui costo si aggira intorno ai 45 dollari, o delle case automobilistiche cinesi che spendono per lavoratore in media 55 dollari.
 
Accogliere la richiesta della United Auto Workers di un aumento del 40% potrebbe mettere in circolo un pericoloso aumento dei prezzi al consumo. Nell'ambito dell'implementazione della sua politica monetaria, la Federal Reserve, il cui board si riunisce la prossima settimana, presta grande attenzione alle dinamiche salariali sul versante inflazionistico.
 
Ma l'attuale contesto potrebbe impattare la dinamica inflazionistica, ad agosto l'inflazione USA si è attestata al 3,7%, anche nel caso in cui gli scioperi dovessero proseguire: secondo i calcoli della società di consulenza automobilistica J.D. Power, i prezzi dei veicoli nuovi potrebbero aumentare di quasi il 2% in caso di sciopero di due settimane.
 
 

L'impatto degli scioperi sull'economia USA

Per quanto riguarda l'intera economia, Anderson Economic Group stima che uno sciopero di 10 giorni potrebbe ridurre il prodotto interno lordo della nazione di 5,6 miliardi di dollari: di questi, 859 milioni di dollari sarebbero rappresentati da perdite sulle retribuzioni dei lavoratori, 989 milioni arriverebbero dai mancati guadagni delle case automobilistiche ed il resto deriverebbe dai licenziamenti e dalle perdite dei produttori di componenti e delle altre industrie che dipendono dalle tre case automobilistiche (l'automotive rappresenta circa il 3% del PIL statunitense).
 
 
 
 

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