Stagflazione: perché portò alla fine delle politiche keynesiane? | Investire.biz

Stagflazione: perché portò alla fine delle politiche keynesiane?

29 apr 2025 - 11:19

29 apr 2025 - 11:25

La stagflazione degli anni '70 portò al superamento delle politiche economiche keynesiane più in voga fino a quel momento. Scopriamo perché e come sono state sostituite

La stagflazione degli anni '70 ha segnato un passo storico sotto il profilo della teoria economica, in quanto per la prima volta mise in discussione una teoria che fino a quel momento veniva considerata sacra e che riguardava le politiche keynesiane.
 
Il fenomeno della stagflazione arrivò in maniera dirompente mettendo in ginocchio l'economia mondiale e gettando nel panico intere popolazioni. In sostanza consiste nella presenza allo stesso tempo della scarsa o nulla crescita dell'economia, o addirittura recessione, e dell'inflazione.
 
Una situazione anomala, in quanto normalmente la crescita è determinata dall'aumento della domanda, a sua volta innescata spesso da stimoli fiscali e monetari, nonché dall'incremento della spesa pubblica, il che porta alla risalita dei prezzi. Quindi, crescita e inflazione viaggiano quasi sempre nella stessa direzione. Se invece la prima scende e la seconda sale, allora nel sistema economico è successo qualcosa di strano e inusuale dando vita appunto alla stagflazione.
 
 

Cosa accadde negli anni '70

Cinque decenni fa accadde qualcosa di talmente straordinario da invertire alcuni principi granitici su cui si era poggiata la teoria economica fino ad allora. Due eventi di portata storica tramortirono il sistema economico mondiale.
 
Il primo fu lo shock petrolifero del 1973. Quell'anno, Siria ed Egitto entrarono in guerra contro Israele. L'appoggio dell'occidente allo Stato ebraico fu fatale in quanto scatenò la reazione dei membri dell'OPEC, che attuarono una misura punitiva interrompendo la fornitura di petrolio verso i Paesi occidentali.
 
Il secondo evento fu lo shock petrolifero del 1979, quando ancora gli effetti del primo shock non si erano completamente dissolti. In quel caso, a mettere in subbuglio il mondo intero fu l'assalto dei ribelli dell'Iran all'Ambasciata americana a Teheran prendendo in ostaggio 52 tra diplomatici e funzionari. Anche in quel caso si verificò un blocco degli approvvigionamenti.
 
In entrambe le circostanze citate, l'effetto fu una crisi energetica talmente dirompente da determinare un incremento dei prezzi del petrolio. Tutto ciò si riverberò nelle attività produttive, che videro crescere i costi di input, trasferiti poi al consumatore finale.
 
L'inflazione generale che ne derivò quindi non fu causata dall'aumento della domanda, come normalmente avviene, ma da una diminuzione dell'offerta. Il costo della vita dunque era sganciato totalmente dalla crescita economica.
 
L'incremento del costo della vita ridusse il potere d'acquisto delle persone e il reddito delle aziende, portando a un calo drammatico della produzione e a un progresso diffuso della disoccupazione. In pratica, andò in scena un fenomeno fino ad allora pressoché sconosciuto: la stagflazione.
 
 

Le politiche keynesiane

John Maynard Keynes è stato un grande economista britannico, considerato il più influente all'inizio del '900. Con il suo saggio "Teoria generale dell'occupazione, dell'interesse e della moneta" diede origine alla "rivoluzione keynesiana", alla base della scuola che si contrappose alla teoria economica neoclassica.
 
L'opera pubblicata nel 1936 costituì il perno di tutta la macroeconomia moderna e si basava sul concetto che il reddito nazionale non è altro che la somma dei consumi e degli investimenti. Di conseguenza, in caso di livelli diffusi di disoccupazione e di capacità produttiva scarsamente utilizzata, basterebbe aumentare gli investimenti e i consumi per incrementare il reddito e quindi gli altri fattori, come l'occupazione, che ne derivano.
 
Da ciò ne trarrebbe beneficio anche il risparmio. Secondo Keynes, lo Stato deve intervenire agendo sulla spesa pubblica ogniqualvolta si creino delle condizioni recessive, in modo da stimolare la domanda, perché il mercato da solo, lasciato troppo libero, non è capace di raggiungere l'obiettivo. Enfatizzando la domanda come motore dell'economia, la logica keynesiana prevedeva che l'inflazione fosse causata da un eccesso di domanda in presenza di piena occupazione. 
 
 

Stagflazione: il superamento delle politiche keynesiane

Quanto sostenuto da Keynes fu un punto di riferimento nell'ambito delle decisioni di politica fiscale e monetaria delle istituzioni dei vari Paesi, ma crollò incredibilmente di fronte al fenomeno della stagflazione degli anni '70.
 
Lo Stato non poteva intervenire per stimolare la domanda dinanzi a condizioni recessive, perché l'inflazione nello stesso tempo era fuori controllo e quindi bisognava arginarla con la massima sollecitudine.
 
All'epoca quindi fu fatto il contrario di quanto affermava Keynes, ovvero una politica di austerità, anche a costo di affondare ulteriormente un'economia moribonda. In particolare, dopo il secondo shock petrolifero di fine anni '70, l'allora governatore della Federal Reserve Alain Greenspan avviò un ciclo di tagli ai tassi di interesse tra i più aggressivi che la storia americana ricordi.
 
L'economia precipitò violentemente, ma la ripresa in seguito, una volta sconfitta l'inflazione, fu dirompente dando vita al boom economico degli anni '80. Da allora, le politiche economiche keynesiane non si dimostrarono efficaci in presenza di stagflazione.
 
Infatti, l'aumento della domanda, invece di ridurre la disoccupazione, portava ad un ulteriore aumento dei prezzi, peggiorando la situazione stagflazionistica. Quindi, la teoria di Keynes cedeva il posto alle teorie monetariste, che sottolineavano l'importanza del controllo della quantità di moneta in circolazione per tenere a bada l'inflazione. 
 
 
 

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