La settimana che ci siamo lasciati alle spalle è stata disastrosa per la Borsa americana, tempestata dalle vendite dopo il meeting del 20/21 settembre della
Federal Reserve. Il messaggio è stato di quelli che nessun investitore avrebbe mai voluto ascoltare, ovvero che nulla potrà essere fatto di diverso da un lungo e aggressivo aumento dei tassi per sconfiggere l'inflazione. Questo inesorabilmente porta a una
recessione che in nessun modo potrà essere evitata.
Da quel momento, i nervi degli operatori sono stati messi a dura prova. La conseguenza di tutto ciò è stato un crollo delle quotazioni di mercato, con l'S&P 500 che ha chiuso l'ottava con una perdita del 4,65%, il
Dow Jones con un calo del 3,99% e il
NASDAQ che è crollato del 5,07%. Mentre l'indicatore VIX CBOE, che rappresenta la volatilità delle opzioni sulle azioni del principale indice americano, è salito del 13,76%.
Recessione USA: per Hanke c'è una probabilità dell'80%
Gli economisti intervistati nei vari sondaggi sembrano in maggioranza concordi nel pronosticare una recessione dell'economia statunitense entro i prossimi 12 mesi. Tra questi vi è il professore di Economia applicata alla John Hopkins University, Steve Hanke, che prevede con una "probabilità dell'80% o anche più" il verificarsi di una contrazione. Per questo l'esperto critica duramente la Fed, rea di non aver saputo gestire l'inflazione americana.
"Hanno davvero cercato l'inflazione e le cause dell'inflazione in tutti i posti sbagliati. Hanno cercato ovunque, senza considerare l'offerta di moneta", ha detto Hanke, che ha aggiunto: "se continuano la stretta quantitativa e spostano l'offerta di moneta M2 in territorio negativo, sarà grave".
A giudizio del professore, il grande errore è stato fatto all'inizio del 2020, quando in reazione alla pandemia che aveva messo in ginocchio l'economia a stelle e strisce,
"la Fed ha fatto esplodere l'offerta di moneta", creando in questo modo le condizioni ideali perché si sviluppasse l'inflazione. Quando l'offerta di moneta aumenta, infatti, i prezzi salgono perché i consumatori sono disposti a pagare di più per i beni che acquistano. Ciò rischia di far andare la situazione fuori controllo, come proposto dall'economia classica di
Milton Friedman, sottolinea Hanke.
Negli ultimi tre anni la massa monetaria M2, che misura l'ammontare di liquidità e depositi, è cresciuta a due cifre, ma ora sta rallentando con troppa rapidità e ciò significa che "l'economia potrebbe andare in recessione", ha avvertito l'economista. Quindi, come dovrebbe muoversi la Fed a questo punto? Hanke non ha dubbi. "Bisogna mantenere l'offerta di moneta in crescita a un tasso dal 5% al 6% in modo da portare l'inflazione a circa il 2%. Ora tale tasso è a zero e probabilmente sarà negativo", ha affermato. Se ciò dovesse avvenire, "nel 2023 avremo una recessione", ha concluso il professore.