Gli investitori di tutto il mondo hanno sempre cercato di affidarsi a delle teorie elaborate da illustri esperti di finanza e mercati per la valutazione delle azioni sulle quali impiegare il proprio denaro. Chiaramente non c'è alcuna formula magica che sintetizzi in maniera scientifica il criterio da adottare affinché l'investimento risulti essere vincente. Anche perché, in ogni circostanza, bisogna pur sempre tener conto di un fattore di accidentalità che rende tutto passibile di errore di valutazione.
Ad ogni modo, i principali approcci utilizzati dalla comunità degli investitori per valutare le azioni sono stati: la teoria delle solide fondamenta e la teoria dei castelli in aria. Si tratta di visioni che sembrano escludersi a vicenda, ma che è importante conoscere in maniera tale da essere consapevoli delle scelte di investimento effettuate.
La teoria delle solide fondamenta
La teoria delle solide fondamenta consiste nel fatto che la valutazione delle azioni si debba basare sul valore intrinseco. Questi viene calcolato dopo un'analisi approfondita dei fondamentali dell'azienda non solo riguardo alla situazione attuale ma anche a come essa potrebbe evolversi in futuro. La strategia a questo punto diventa semplice: una volta determinato il valore intrinseco, basta paragonarlo al prezzo di mercato. Se è superiore, allora l'azione ha margine per salire in Borsa. Qualora dovesse essere inferiore, vuol dire che è sopravvalutata.
La teoria delle solide fondamenta smentisce un'altra teoria economica: quella dei mercati efficienti. Sulla base di quest'ultima, il valore di un'azione è quello espresso dai mercati, perché racchiude tutte le informazioni che è possibile conoscere. Secondo la teoria delle solide fondamenta, invece, i mercati non sono efficienti e quindi
possono crearsi discrepanze tra il prezzo di mercato e il reale valore di un'azione. Solo che alla lunga i due valori tendono ad allinearsi ed è per questo che va sfruttato il momento in cui si crea la differenza. Questo approccio è stato portato avanti da maestri del value investing come
Benjamin Graham e
Warren Buffett.
Tuttavia, presenta alcune zone grigie riguardo la determinazione del valore intrinseco sulle quali varrebbe la pena fare qualche riflessione. La maggior parte di coloro che utilizzano la teoria in parola, calcolano il valore intrinseco attualizzando i flussi di reddito futuri previsti di un'azienda al tasso di interesse dei titoli free risk a lungo termine. Qui entrano in gioco alcuni aspetti dubbi. Innanzitutto, occorrerà sapere da qui all'infinito quale potrebbe essere il tasso di crescita degli utili, posto che quanto accaduto in passato sia un'indicazione ma non una certezza. In secondo luogo, i tassi di interesse variano nel tempo, quindi il metodo che prevede di ipotizzare un tasso fisso si presta a delle imperfezioni.
Alcuni dunque hanno apportato delle modifiche personali nella determinazione del valore intrinseco. L'approccio di Buffett, ad esempio, non è lo stesso di quello di Graham. L'oracolo di Omaha non prende in considerazione i flussi degli utili netti, ma quelli dell'
owner earnings, ossia gli utili sommati ad ammortamenti, svalutazioni e altre voci non monetarie, al netto delle spese in conto capitale (
Owner Earning: cos'è il parametro cruciale di Buffett per le società).
Inoltre, l'owner earning è un punto di partenza e non di arrivo per considerare il valore intrinseco di un'azione. Poi subentrano altri fattori come il settore di appartenenza, il prodotto dell'azienda e l'abilità e integrità del management. Quindi, come è possibile vedere, la teoria delle solide fondamenta entra in una sfera di valutazioni soggettive che non sono affatto univoche.
La teoria dei castelli in aria
La teoria dei castelli in aria è completamente all'opposto. Non c'è alcuno studio del valore intrinseco delle azioni, perché
quello che succede nei mercati è frutto della psicologia delle folle. Il più autorevole enunciatore di questa teoria fu il grande economista
John Maynard Keynes nel 1936. A suo avviso, la chiave del successo era analizzare come si sarebbe comportato il mercato in futuro sulla base dei periodi di euforia (quindi dei castelli in aria). In termini pratici, Keynes sosteneva che gli investitori di successo individuano quali situazioni d'investimento favoriscono la costruzione dei castelli in aria e quindi comprano prima che inizi a farlo la folla.
L'economista riteneva non affidabile, oltre che molto dispendiosa in termini di tempo, la teoria delle solide fondamenta. Questo perché nessuno può sapere con sicurezza cosa influenzerà le future prospettive di guadagno di un'azienda. Quindi, la maggior parte delle persone si preoccupa di prevedere cambiamenti basati su valutazioni convenzionali prima degli altri e nel breve periodo, piuttosto che fare previsioni di lungo periodo sul probabile rendimento degli investimenti per la loro durata. Gli aspetti psicologici dunque hanno sempre la meglio su quelli finanziari, secondo Keynes. In altri temini, la strategia ottimale non è scegliere le azioni sulla base di quelle che sono le nostre preferenze e valutazioni, ma di farlo in base a come possono essere le preferenze e le valutazioni del mercato.
Il valore di un'azione è quello che dà il mercato, perché questi è convinto di poterla rivendere a un prezzo maggiore. Chi compra, a sua volta, fa lo stesso ragionamento. Quindi è tutto un gioco di psicologia di massa, dove non esiste alcuna razionalità. Il segreto è riuscire a chiudere il gioco prima della fine della competizione, entrando possibilmente all'inizio della stessa, ossia quando il valore del titolo è ancora basso.
Dopo lo scoppio della bolla delle dot-com all'inizio del nuovo millennio, la teoria comportamentale basata sulla psicologia delle masse si è affermata sempre più nei dipartimenti economici e nelle business school a livello mondiale. Tra i più convinti sostenitori vi era il premio Nobel Robert Shiller, che nel suo best seller "Euforia irrazionale" raccontava come la mania delle azioni Internet a fine anni '90 potesse essere spiegata solamente in termini psicologici.