Michael Burry: ecco come ha realizzato la grande scommessa nel 2008 | Investire.biz

Michael Burry: ecco come ha realizzato la grande scommessa nel 2008

18 ago 2025 - 07:30

Michael Burry fu colui che previde la crisi del 2008 e guadagnò grandi capitali puntando contro i mutui subprime. Vediamo come ha realizzato la grande scommessa

Michael Burry è passato alla storia come colui che ha realizzato la grande scommessa puntando contro i mutui subprime durante la grande bolla che diede seguito alla crisi del 2008.
 
Alla guida dell'allora hedge fund Scion Capital, ora Scion Asset Management, il grande investitore riuscì a ottenere dei credit default swaps (CDS) da grandi banche di investimento per assicurarsi contro il crollo delle obbligazioni ipotecarie.
 
Ma andiamo per gradi ripercorrendo tutta la vicenda che ha portato alla più grande operazione ribassista dell'ultimo secolo. 
 
 
 

Chi è Michael Burry

Sulla grande scommessa di Michael Burry fu realizzato il film di successo "The Big Short" interpretato nel personaggio da Christian Bale, e basato sull'omonimo libro di Michael Lewis, che descrive bene cosa accadde in quegli anni.
 
Burry si era laureato in Medicina presso la Vanderbilt University School of Medicine nel 1997, cercando ma non ottenendo una specializzazione in Neurologia presso lo Stanford University Medical Center.
 
Il motivo? La sua passione per la finanza. Quando era in servizio di notte al reparto Neurologia, si occupava di un thread online sul trading che lui stesso aveva creato, in cui forniva suggerimenti sugli investimenti.
 
Burry era un tipo solitario, schivo e molto timido. Preferiva comunicare via e-mail che face to face, anche per via di una malformazione che si portava dietro da piccolo. All'età di due anni ha avuto una rara forma di cancro che lo ha reso privo di un occhio e dava a tutti l'impressione di essere strabico.
 
La medicina non faceva per lui, la testa era nelle operazioni di Borsa. Leggeva libri di grandi investitori value come Benjamin Graham e Warren Buffett, ma riteneva che seppur sia importante avere dei punti di riferimento come modello di investimento, ognuno poi deve prendere la sua strada. A un certo punto decise di abbandonare la carriera medica per dedicarsi a ciò che amava veramente.
 
 
 

La nascita di Scion Capital

Tuttavia, aveva un risparmio di soli 40 mila dollari su cui pesava un debito studentesco di ben 145 mila dollari. Nella sfortuna però ebbe una fortuna. Suo padre era morto di cancro perché la malattia non fu stata diagnosticata in tempo e la famiglia ottenne un risarcimento.
 
Così la madre gli mise a disposizione 20 mila dollari e i suoi tre fratelli altri 10 mila dollari a testa. La cifra raccolta gli permise di fondare l'hedge fund Scion Capital.
 
Quando conduceva il thread su un forum online, le sue idee erano molto seguite dalla massa, ma Burry non poteva immaginare che non fossero solo le persone comuni a essere attratte dai suoi suggerimenti, ma anche importanti fondi di investimento e grandi investitori.
 
Dopo la creazione di Scion, Burry ricevette una telefonata. Joel Greenblatt, guru del value investing e a capo di Gotham Capital voleva incontrarlo. All'appuntamento, ecco l'offerta di Gotham Capital: 1 milione di dollari per acquistare il 25% della sua azienda.
 
Quello fu solo l'inizio, perché poco dopo si fece avanti un altro elefante della finanza mondiale: la holding assicurativa White Mountains, diretta da Jack Byrne. Questi offrì 600 mila dollari per una fetta più piccola della società di Burry, con la promessa di affidare altri 10 milioni di dollari da investire.
 
Nel 2001, suo primo anno di attività, il fondo Scion Capital guadagnò il 55%, a fronte di un rialzo dell'11,88% dell'indice S&P 500. Ma la vera impresa fu l'anno successivo, quando il principale benchmark americano scese del 22,1% e lo Scion segnò un rialzo del 16%. Alla fine del 2004, l'hedge fund era arrivato a gestire un patrimonio di 600 milioni di dollari. 
 
 
 
 

Michael Burry: ecco come partorì la grande scommessa

Burry aveva costruito la sua fortuna investendo sul mercato azionario, ma a inizio 2004 si imbatté per la prima volta anche in quello obbligazionario. Per la precisione nelle obbligazioni ipotecarie. Si trattava di titoli legati a pacchetti di mutui, con i pagamenti degli interessi e il rimborso del capitale che dipendevano dal pagamento delle rate dei mutuatari.
 
Il funzionamento in pratica era il seguente. Le banche concedevano una grande quantità di mutui a soggetti di ogni tipo, molti dei quali avevano punteggi FICO bassi.
 
FICO sta per Fair Isaac Corporation, la società che negli anni '50 aveva ideato questi punteggi che misuravano il merito creditizio dei debitori. Il punteggio FICO più alto che si poteva ottenere era di 850; il più basso di 350. All'epoca la media statunitense si attestava a 723.
 
Tuttavia, si trattava di una misurazione semplicistica in quanto non teneva conto del reddito del mutuatario e si prestava a manipolazioni (ad esempio per aumentare il proprio punteggio una persona poteva aprire e chiudere immediatamente un debito con carta di credito per far vedere di essere solvente).
 
I mutui erogati poi venivano impacchettati e venduti a grandi banche di investimento come Goldman Sachs, Deutsche Bank e Morgan Stanley. I motivi erano diversi.
 
Ad esempio, le banche cedenti potevano avere più liquidità per concedere altri mutui e amplificare la clientela. Una volta acquisiti i pacchetti di mutui, le banche di investimento trovarono il modo per collocarli sul mercato.
 
Tuttavia, il mutuo è di per sé uno strumento illiquido, quindi occorreva una formula per renderlo negoziabile. La soluzione fu quella della cartolarizzazione, ossia rendere carta un bene illiquido.
 
In termini pratici, le investment bank emisero delle obbligazioni ipotecarie i cui pagamenti dipendevano dai pacchetti di mutui a cui venivano agganciate. Se le rate del mutuo non erano pagate, le obbligazioni andavano in default.
 
Tuttavia, il principio del modus operandi delle banche era che le probabilità fossero quasi inesistenti che gli americani non onorassero gli impegni dei mutui.
 
Ad ogni tipologia di obbligazione era assegnata un merito creditizio da parte delle società di rating S&P e Moody's. Il livello più alto era AAA e corrispondeva a titoli legati a mutui assegnati a soggetti con il punteggio FICO più alto, fino a scendere via via di categoria.
 
Il problema era che il modello delle agenzie mostrava difetti potenzialmente letali. Per assegnare il rating, S&P e Moody's non chiedevano a chi confezionava i mutui un elenco di punteggi di tutti i mutuatari, ma solo il punteggio medio del paniere. 
 
Nel suo ufficio di San Jose, in California, Burry se ne stava seduto tutto il giorno a leggere libri, rapporti e notizie finanziarie, cercando di capire il funzionamento delle obbligazioni ipotecarie garantite da mutui subprime.
 
Esaminando a fondo i prospetti di oltre 100 pagine delle obbligazioni ipotecarie emesse - a quell'epoca non lo faceva praticamente nessuno - scoprì qualcosa di sensazionale.
 
Il sistema era talmente fragile che poteva crollare nell'arco di qualche anno. Sarebbe bastato un aumento dei tassi di interesse (gran parte dei mutui erano a tassi variabili) e che i prezzi degli immobili smettessero di crescere per far finire tutto a rotoli. A quel punto Burry partorì l'idea: puntare al ribasso sulle obbligazioni ipotecarie.
 
 
 

I CDS

C'era però un problema: all'epoca non esistevano strumenti che permettessero di shortare queste obbligazioni. Burry aveva sentito parlare dei CDS, ovvero i credit default swaps.
 
In realtà la denominazione confonde le idee perché non si tratta di swaps nel senso letterale del termine. Questi sono strumenti derivati che prevedono uno scambio di flussi finanziari tra due controparti.
 
I CDS sono piuttosto una polizza assicurativa che stabilisce il versamento di un premio periodico a fronte della garanzia, da parte del venditore, di versare alla controparte un importo determinato in caso di insolvenza di chi ha emesso il debito sottostante.
 
In sostanza, i CDS su obbligazioni ipotecarie garantivano il rimborso del capitale qualora l'emittente non le rimborsasse a seguito del mancato pagamento dei mutuatari.
 
Il fatto era che sul mercato non esistevano CDS sulle obbligazioni legate ai mutui subprime. Burry quindi si recò prima da Goldman Sachs e poi da Deutsche Bank per farseli confezionare su misura. Il 19 maggio 2025 sottoscrisse con la banca tedesca i primi CDS per 6 pacchetti di obbligazioni per un valore di 10 milioni di dollari ciascuno.
 
Alla fine di luglio il valore di questi strumenti stipulati con le due banche salì a 750 milioni di dollari. Una cifra enorme se si considera che il fondo era di soli 600 milioni di dollari. Il premio pagato era esiguo rispetto all'importo assicurato.
 
L'aspetto importante da considerare è che Burry non deteneva alcuna obbligazione da assicurare. Quindi, la sua era un'operazione di pura speculazione.
 
Ma perché le banche accettavano di assumersi il rischio? I motivi erano due. In primo luogo erano convinte che le obbligazioni non potessero crollare perché gli americani avrebbero pagato il mutuo (una convinzione che demolirono poco tempo dopo cercando di riprodurre la strategia di Burry).
 
In secondo luogo perché a loro volta si assicuravano contro il default delle obbligazioni ipotecarie con il gigante delle assicurazioni American International Group Financial Product, meglio conosciuto come AIG Fp. Quindi, dall'altro versante della scommessa non c'erano le grandi banche di investimento, ma una compagnia di assicurazioni.
 
Questi arrivò ad accolarsi un rischio per i mutui subprime con rating BBB fino a 50 miliardi di dollari. Nello stipulare i contratti con gli istituti finanziari, però, Burry volle assicurarsi che essi non sarebbero stati insolventi di fronte alla catastrofe. Assicurazione che ottenne contrattualmente. 
 
 
 
 

Come andò a finire la grande scommessa di Michael Burry?

Come andò a finire è storia: il grande bubbone dei mutui subprime scoppiò e lo Scion Capital guadagnò il 489%, equivalente a 750 milioni di dollari. Il suo fondatore e gestore invece personalmente si portò a casa circa 100 milioni di dollari.
 
Le difficoltà che però dovette affrontare Burry non furono poche. Gli investitori del fondo non apprezzarono la strategia di passare dalle azioni, che fino a quel momento si era rivelata estremamente profittevole, a una scommessa sul crollo dei mutui subprime, evento mai accaduto nella storia americana.
 
A un certo punto i proprietari dello Scion chiesero di ritirare il capitale, considerando l'operazione folle. Burry riuscì a convincerli, perché vedeva lontano. Era persuaso che nell'arco di pochi anni il castello di carta costruito su fondamenti di argilla si sarebbe sbriciolato.
 
Così fu. Il 15 settembre 2008 la Lehman Brothers - la quarta banca americana - fallì (Lehman Brothers: il più grande fallimento bancario della storia). Burry divenne colui che previde la più grande crisi dal 1929, il fautore della Big Short. 
 
 

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