Verbali FED: niente tapering, ma i tassi vanno aumentati | Investire.biz

Verbali FED: niente tapering, ma i tassi vanno aumentati

08 lug 2021 - 11:30

05 dic 2022 - 15:11

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Non si è parlato per ora di tapering nei verbali pubblicati ieri dalla Banca Centrale USA, però il piano di acquisti potrebbe essere ridiscusso a fine mese. Le novità

La  Federal Reserve non ha utilizzato la parola tapering nei verbali della riunione del 15-16 giugno pubblicati nella giornata di ieri. Questa è la principale cosa che temeva il mercato, il quale rimane con il fiato sospeso per l'avanzata pericolosa dell'inflazione. La preoccupazione ricorrente, infatti, è che la crescita dei prezzi possa indurre l'istituto centrale a ritirare gran parte del piano di acquisto di obbligazioni pubbliche e private. Tuttavia, la FED ha fatto intendere che a fine mese i funzionari potrebbero discutere circa un inasprimento della politica monetaria prima di quanto potesse essere previsto.

La reazione dei mercati è stata equilibrata, con gli indici americani che hanno chiuso la seduta in positivo, viaggiando sui massimi storici. Diverso è stato l'andamento nella notte dei listini asiatici, tutti con il segno meno, anche in considerazione della  stretta cinese sulle società tecnologiche, nonché dell'avanzata pericolosa della variante Delta. In mattinata anche le Borse europee hanno aperto le negoziazioni sotto stress, con perdite generali anche oltre l'1%.

 

FED: cosa c'è nei verbali

Dalle minute dell'istituto guidato da  Jerome Powell, comunque, emerge una certa spaccatura all'interno in merito a come e quando ridurre il programma da 120 miliardi mensili, che comprende 80 miliardi di acquisti di titoli di Stato e 40 miliardi di mutui immobiliari.

Alcuni funzionari ritengono che le condizioni per iniziare a ridurre il ritmo fossero state soddisfatte prima di quanto si potesse prevedere grazie alla ripresa dell'economia. Altri viceversa sostengono che alcuni dati sono ancora fragili, come ad esempio le assunzioni più deboli del previsto, il che induce ancora ad essere pazienti prima di una stretta.

Inoltre, vi sono esponenti che preferiscono prima procedere per il ridimensionamento dell'acquisto dei 40 miliardi di mutui immobiliari, viste le pressioni che si stanno generando nel settore e che possono portare a una nuova bolla. Ci sono altresì dei membri che invece opterebbero per tagliare il piano sui Treasury Bond, per tenere sotto controllo i rendimenti.

Sul capitolo inflazione, il rapporto indica che essa viene ancora considerata temporanea, però secondo alcuni funzionari c'è il rischio che i prezzi possano salire a livelli inappropriati e per questo occorre essere vigili e intervenire prontamente.

Nella riunione del mese scorso, 13 membri su 18 hanno previsto al proposito un aumento dei tassi di 50 basis point entro il 2023, con 7 che ritengono di doverlo fare nel prossimo anno. Lo scenario è quindi decisamente cambiato, dal momento che nel mese di marzo la maggior parte era convinta che il costo del denaro dovesse rimanere costante fino alla data che era stata inizialmente programmata.

Tuttavia, ancora la FED rimane abbastanza vaga su quali siano i parametri precisi da utilizzare per procedere a un aumento dei tassi e di quale entità. L'anno scorso ne aveva fissati 3: il raggiungimento dell'inflazione al 2%, il superamento costante di tale soglia e l'obiettivo della piena occupazione. Oggi in realtà il quadro generale si è un pò modificato, con scatti di inflazione che arrivano oltre le previsioni dell'istituto, dettati da inefficienze di natura pandemica, come ad esempio l'impennata delle materie prime e la carenza dei semiconduttori.

 

Inflazione: anche l'FMI avverte del rischio

L'allarme inflazione è stato lanciato anche dal  Fondo Monetario Internazionale. L'istituto sovranazionale guidato da  Kristalina Georgieva ha sottolineato come la politica fiscale estremamente accomodante da parte degli Stati Uniti potrebbe innescare pressioni inflazionistiche che rendono necessario per la Banca Centrale USA innalzare i tassi d'interesse. Questo però potrebbe portare all'uscita di una quantità enorme di capitali dalle economie emergenti o in via di sviluppo.

Tale monito si unisce alle diatribe all'interno del Congresso americano, dove i Repubblicani hanno lanciato accuse verso il Presidente  Joe Biden per l'aumento della spesa pubblica verso le infrastrutture, la scuola e l'assistenza sanitaria e all'infanzia. Provvedimenti questi che ovviamente metterebbero in circolo più denaro, con conseguente crescita dei prezzi.

 

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