La settimana dei mercati finanziari sarà caratterizzata da un appuntamento molto importante: la riunione della
Federal Reserve (Fed) del 6 e 7 maggio. Con ogni probabilità, la Banca centrale americana terrà conto dei dati arrivati la scorsa settimana, dai quali sono arrivate indicazioni contrastanti. Nella giornata di mercoledì, la lettura del
PIL trimestrale degli Stati Uniti ha fatto scattare un campanello d'allarme in quanto ha riportato una
contrazione dello 0,3%, a fronte di una crescita attesa dello 0,2%. Al contrario, i dati sull'occupazione di venerdì hanno evidenziato la
creazione di 177 mila nuovi posti di lavoro, oltre i 138 mila attesi, mentre il tasso di disoccupazione si è tenuto stabile al 4,2%.
Gli investitori temono che l'economia americana possa finire in recessione per via della guerra commerciale innescata dai dazi. Tuttavia, il pericolo più grosso è che, per effetto delle tariffe, l'inflazione americana si rimetta in moto prefigurando uno scenario di
stagflazione.
Proprio per questa ragione, la Fed è molto indecisa sulle scelte da compiere riguardo la politica monetaria. Dopo i tre tagli a partire da luglio 2024 per un totale di 100 punti base, quest'anno i tassi di interesse non sono stati ancora toccati. I funzionari dell'istituto guidato da Jerome Powell hanno segnalato che i tassi probabilmente resteranno fermi in attesa di vedere quale potrebbe essere l'impatto sull'economia delle politiche tariffarie di Trump.
Fed: gli economisti vedono tassi fermi
Un sondaggio condotto da Bloomberg tra il 25 e il 30 aprile ha rilevato che gli economisti vedono un peggioramento delle prospettive per l'economia statunitense, ma non prevedono un numero di tagli superiore a due da parte della Fed quest'anno. Per la precisione, il 75% degli intervistati immagina uno scenario recessivo o di crescita zero nei prossimi 12 mesi. Si tratta di una percentuale tripla rispetto a quella di marzo. Ciò nonostante, il primo taglio del costo del denaro potrebbe arrivare solo a settembre, seguito da un secondo a dicembre, entrambi di un quarto di punto.
Su come la Fed affronterà la questione della scarsa crescita e dell'inflazione, c'è una certa divisione tra gli economisti:
- il 25% crede che la Banca centrale si focalizzerà sul carovita mantenendo i tassi stabili;
- il 32% ritiene che alla fine l'autorità monetaria taglierà i tassi per stimolare la crescita;
- il 43% afferma che inizialmente i tassi saranno stabili, ma con l'indebolimento dell'economia tenderanno a calare.
"I dazi potrebbero manifestarsi nell'inflazione entro un paio di mesi e i funzionari della Fed sono preoccupati per i potenziali effetti di secondo impatto", ha detto James Knightley, capo economista internazionale di ING. A suo avviso, "le pressioni sui prezzi manterranno la Fed in attesa a maggio e giugno, mentre la debolezza economica, causata dal calo della fiducia dei consumatori e della spesa pubblica e delle imprese, guiderà quindi i tagli dei tassi a partire da settembre".