In un momento storico in cui l’autonomia delle Banche centrali è un pilastro dell’economia globale, l’idea che Jerome Powell possa lasciare prematuramente la guida della Federal Reserve appare remota, ma non del tutto impossibile. A evocare questo scenario sono Padhraic Garvey, Francesco Pesole e Chris Turner di ING: “l’effetto combinato di tagli ai tassi, inflazione e perdita di indipendenza della Fed creerebbe un mix tossico per il dollaro, peggiore persino del Liberation Day”.
Il riferimento non è casuale. Il cosiddetto "Liberation Day", quando i mercati hanno reagito bruscamente a una svolta della politica monetaria, ha segnato un impatto sul cambio EUR/USD di quasi quattro deviazioni standard. Una possibile rimozione forzata di Powell - favorita da un eventuale secondo mandato di Donald Trump - rischierebbe di peggiorare la situazione.
Per legge, un presidente USA non può licenziare il n.1 della Fed se non “per giusta causa”, e un disaccordo sulla politica monetaria non è sufficiente. Tuttavia, l’analisi di ING prende in esame le possibili conseguenze di questo "cigno grigio": un evento improbabile ma potenzialmente devastante.
Dal 2% al 5%: il ritorno della curva ultraripida
In caso di uscita anticipata di Powell, il mercato sconta l’arrivo di una figura dichiaratamente "dovish" al vertice della Fed. Questo produrrebbe una revisione al ribasso delle attese sui tassi terminali, forse anche sotto il 3%, aprendo la strada a un forte calo dei rendimenti a breve termine.
Secondo ING, “il rendimento del 2 anni, oggi al 3,9%, potrebbe scendere sotto il 3%, mentre il decennale — ora al 4,4% — difficilmente seguirebbe la stessa traiettoria”. Il rischio è che il mercato inizi a prezzare un’inflazione persistente, spingendo al rialzo i rendimenti a lungo termine.
Risultato? Una curva dei rendimenti incredibilmente inclinata, con uno spread tra 2 e 10 anni che potrebbe superare i 300 punti base. Livelli simili si sono visti negli anni Ottanta e Novanta, ma in un contesto molto diverso. Una tale configurazione oggi segnalerebbe una sfiducia generalizzata nella capacità della Fed di controllare l’inflazione, generando un effetto domino su tutte le asset class.
Dal panico iniziale alla speculazione su tagli e liquidità
Il primo impatto di una simile crisi istituzionale sarebbe un’ondata di vendite azionarie, seguita da un rimbalzo speculativo legato alle attese di tagli profondi dei tassi e a un contesto di liquidità abbondante. Tuttavia, gli analisti ING avvertono: “un simile contesto potrebbe sostenere i listini nel breve, ma rischia di sfociare in un surriscaldamento economico pericoloso”.
Il vero punto critico resterebbe il dollaro. La perdita dell’autonomia della Fed minerebbe la credibilità della valuta come bene rifugio e valuta di riserva. “Il valore del dollaro come valuta di riserva si fonda sull’indipendenza della Fed. Senza di essa, gli outflow sarebbero giustificati”.
In questo scenario, le valute rifugio — euro, yen e franco svizzero — ne uscirebbero rafforzate. EUR/USD potrebbe arrivare rapidamente a 1,25, mentre USD/JPY potrebbe scivolare a 135. Anche i carry trade su valute emergenti — come lira turca, peso colombiano o fiorino ungherese — soffrirebbero un’ondata di liquidazioni dovute all’aumento della volatilità.
La perdita di credibilità monetaria può costare cara
La storia recente offre un monito: in Turchia, nel 2021, la rimozione del governatore Naci Agbal ha innescato un tracollo della lira del 15% in pochi giorni. Quando poi la Banca centrale ha abbassato i tassi in un contesto inflazionistico, la valuta ha perso il 60% in due anni. È vero, gli Stati Uniti non sono la Turchia, ma la dinamica — perdita di fiducia, tassi reali negativi, fuga dal debito sovrano — è replicabile su scala ridotta anche per il dollaro.
È proprio questa la prospettiva che inquieta i mercati. Un dollaro più debole, una Fed politicamente influenzabile e una curva dei rendimenti profondamente distorta creano un cocktail difficile da digerire per investitori globali. Come concludono gli analisti di ING: “Speriamo che tutto questo funzioni…ma c’è la sensazione che possa finire male”.