SME: cos'era e cosa prevedeva il Sistema Monetario Europeo | Investire.biz

SME: cos'era e cosa prevedeva il Sistema Monetario Europeo

20 ott 2021 - 09:00

05 dic 2022 - 17:32

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Cos'era e cosa prevedeva lo SME? Vediamo insieme la storia del Sistema Monetario Europeo dalla sua origine fino alla nascita della moneta unica europea

Il Sistema Monetario Europeo rimase in vigore fino alla fine del 1998, quando venne creata l'Unione Economica e Monetaria europea. Tale sistema, nato per garantire una certa stabilità dei cambi valutari, è stato in vita per quasi 20 anni, vivendo anche momenti di grande tensione tra i Paesi, come quando vi fu la speculazione valutaria del 1992. Vediamo quindi come originò e si sviluppò, da chi fu ideato e cosa prevedeva.


SME: cos'era, origini e sviluppi

Lo SME nacque il 13 marzo del 1979 con un patto tra 6 Paesi facenti parte della CEE (Germania, Francia, Italia, Belgio, Olanda e Lussemburgo) e Danimarca e Irlanda. L'intesa introduceva un sistema di cambi fissi, o meglio ogni valuta nazionale poteva oscillare in un range compreso tra ± 2,25%, prendendo a riferimento l'ECU, l'unità di conto comune. La banda era allargata a ± 6% per 4 Stati: Italia, Spagna, Portogallo e Gran Bretagna, quando questi ultimi 3 si unirono successivamente.

Prima dello SME vi era stato in Europa il Serpente Monetario Europeo, un accordo stipulato nel 1972 tra Germania Ovest, Francia, Italia, Belgio, Olanda e Lussemburgo per mantenere le fluttuazioni dei cambi a un livello limitato, anche rispetto al Dollaro USA. Nel 1974 però il sistema fu sciolto per via dell'uscita dal patto di Francia e Italia.

Cinque anni più tardi però l'altissima inflazione culminata nel secondo shock petrolifero spinse il Presidente francese Giscard d'Estaing e il Cancelliere tedesco Helmut Schmidt a portare avanti un'iniziativa per frenare la crescita dei prezzi attraverso un controllo delle valute, in un ambito però di libera circolazione dei capitali.

A quel punto gli obiettivi di piena occupazione generata da politiche monetarie e fiscali espansive cedevano il passo al tentativo di mantenere una certa stabilità finanziaria. Il riflesso negativo però era determinato da tassi d'interesse piuttosto alti che facevano crescere l'indebitamento complessivo degli Stati.

Ad ogni modo questo diede vita alla nascita del Sistema Monetario Europeo, che stabiliva come ogni Paese dovesse adottare delle misure di politica monetaria necessarie per riportare la propria divisa domestica entro la banda di oscillazione suddetta in caso di eccessiva svalutazione o rivalutazione.

Lo SME si fondava su 2 pilastri. Il primo concerneva gli Accordi Europei di Cambio, che prevedevano tra l'altro la possibilità di riallineamenti per andamenti divergenti delle economie dei vari Stati europei. Nel complesso le parità si mantennero stabili fino agli inizi degli anni '90, tranne che con riferimento alla Lira italiana. Il secondo riguardava l'ECU, ossia l'European Currency Unity, che rappresentava l'unità di conto di un paniere di valute appartenenti agli accordi AEC.

In aggiunta vi erano anche le facilitazioni di credito a breve termine tra le Banche centrali dei Paesi partecipanti e la cessione delle riserve auree e in dollari degli istituti centrali al Fondo Europeo di Cooperazione Monetaria, in cambio di ECU.


SME: la speculazione del '92 e la riforma

Nel 1990 i partecipanti allo SME poterono contare sulla presenza della Gran Bretagna, mentre 2 anni più tardi vi furono l'ingresso di Spagna e Portogallo. La tenuta del sistema fu messa a dura prova nel 1992 allorché una speculazione selvaggia orchestrata da George Soros spinse fuori dal sistema la Lira e la Sterlina.

Nello specifico, l'allora Presidente del Consiglio italiano Giuliano Amato fece svalutare la Lira del 3,5%, mentre tutte le altre si rivalutarono del 3,5%, portando quindi a una svalutazione complessiva della valuta italiana del 7%. Era il 13 settembre e 3 giorni dopo, in quello che fu denominato il mercoledì nero dei mercati valutari, la Gran Bretagna decise di uscire dallo SME. Passò solamente un giorno e l'Italia seguì la stessa strada.

Per il Belpaese la presenza nello SME aveva manifestato comunque parecchie note dolenti. Dal 1987, anno da cui il cambio tra Lira e Marco si era praticamente fossilizzato, le imprese italiane avevano perso competitività. Inoltre, non essendoci una politica fiscale altrettanto restrittiva nel Paese, il disavanzo commerciale con l'estero era giunto a livelli insostenibili.

L'uscita di Italia e Gran Bretagna dagli AEC però fu traumatica e l'anno successivo l'Europa decise di rivedere gli accordi con il Compromesso di Bruxelles, allargando l'intervallo di fluttuazione dei cambi fino a ± 15%. In aggiunta a questo furono determinate politiche monetarie dei singoli Paesi maggiormente coordinate con quelle degli altri, nonché un'ulteriore libertà di movimento dei capitali all'interno della Comunità Europea. Per facilitare tutto questo, venne costituito nel 1994 l'Istituto Monetario Europeo, con sede a Francoforte, che anticipò la creazione 4 anni dopo della Banca Centrale Europea.


SME: la fine degli AEC e la nascita dell'Euro

Il 31 dicembre 1998 l'Europa unita pose termine agli AEC con la nascita dell'Euro e la fine dell'ECU. Da lì fu firmato un nuovo accordo, denominato AEC II, riferito ai Paesi che ancora non avevano adottato la moneta unica. L'intesa stabiliva una banda di oscillazione delle valute rispetto all'Euro di ±15%. Inizialmente vi parteciparono 2 Paesi: Danimarca e Grecia. Con l'entrata degli ellenici nell'Euro, rimase solo la Danimarca, la cui Corona danese si muoveva in un intervallo compreso tra ± 2,25%. In seguito si aggiunsero la Lituania e la Lettonia nel 2011, e la Bulgaria e la Croazia nel 2020.

 

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