Nella serata dello scorso 22 luglio,
Tesla ha annunciato i risultati del 2° trimestre 2020 stupendo il mercato e segnando un utile di 104 milioni di dollari. Per la società guidata da
Elon Musk,
si è trattato del quarto trimestre consecutivo concluso in profitto, condizione che permetterebbe alla società di entrare all’interno dell’indice di Borsa più importante degli Stati Uniti: l’S&P 500.
Per qualche analista però alcuni dei numeri riportati dalla società non sarebbero veritieri.
A Wall Street intanto le azioni Tesla segnano un rosso del 5,6%, attestandosi a 1.427,58 dollari (prezzi rilevati alle 16:42 del 24 luglio 2020)
anche dopo il plauso di Donald Trump all’AD dell’azienda, che ha deciso di costruire la sua nuova fabbrica in Texas. I massimi storici restano fissati a 1.794,99 dollari, segnati lo scorso 13 luglio.
Trimestrale Tesla: i conti non tornano
Secondo quanto rilevato da alcuni analisti statunitensi,
vi sarebbero diverse pratiche di registrazione dei conti che metterebbero in dubbio la redditività di Tesla nel corso dei tre mesi conclusi lo scorso giugno.
Il nodo riguarda la spinta all'utile fornita dai crediti verdi da 428 milioni di dollari, che sarebbero stati venduti ad altri costruttori del settore automotive con problemi di emissioni di CO2. Un sempio è l'accordo siglato lo scorso anno con FCA. Nel 2019 le vendite di questi crediti sono state pari a 600 milioni di dollari: nel 2020 la società si attende di venderne il doppio, con già 800 milioni registrati nell’anno. Il problema principale deriva dal fatto che
le auto vendute dall’azienda sono in Cina, Paese che non permette di generare questi crediti negoziabili. Per gli esperti, la matematica evidenzia come non è possibile che la società abbia guadagnato la somma riportata nella trimestrale.
Si tratterebbe quindi di crediti riferiti ad un periodo futuro. Il linguaggio vago delle comunicazioni aziendali in materia confermerebbe questa ipotesi, che non sarebbe accettata dai principi contabili.
Tesla ha dichiarato che meno del 30% di questi crediti è associato alla vendita di nuovi veicoli, affermando inoltre che il 40% del saldo sarebbe attribuito ai termini di pagamento sulle vendite di crediti verdi e ai programmi di incentivazione obbligatori dei veicoli elettrici. Il restante 30% sarebbe invece dato dai termini di pagamento associati a clienti finanziari e aziendali e a diverse tempistiche di regolamento per alcuni mix geografici e di saldi in contati.
Gli analisti sostengono che ognuna di queste tre percentuali sia dubbia. Il 30% delle vendite di nuove auto sembra alto visto che Tesla chiede ai clienti di pagare prima della consegna. Il 40% dei crediti verdi evidenzia invece che circa 594 milioni di dollari arriva da questi aggregato.
Se in questo trimestre sono stati registrati crediti verdi per 428 milioni di dollari,
significa che 168 milioni di dollari non sono stati pagati. Il rimanente 30% è altrettanto contestabile, in quanto
sembra difficile che Tesla abbia una mole del 30% delle vendite verso clienti finanziari o aziendali. In questo senso, gli analisti ipotizzano come questa parte dei ricavi possa essere dovuta a metodologie di vendita all’ingrosso.
Tesla ha anche dichiarato di aver ottenuto 48 milioni di dollari di entrate differite grazie al Full Self Driving.
Anche questo dato sarebbe contestabile in quanto l’azienda non ha rilasciato nessuna tecnologia considerabile come FSD. Gli esperti chiosano mettendo in luce come queste considerazioni siano ulteriori prove che
la narrativa finanziaria di Tesla non rispecchia accuratamente i suoi affari.