- Tra Turchia e Qatar si firma un patto da 15 miliardi che prevede uno swap di valute;
- I tassi in Turchia restano bassi e si teme il pericolo inflazione;
- Altri scambi bilaterali sono in gestazione però alcuni analisti non li considerano sufficienti per risollevare la Lira.
La Lira Turca prende una boccata di ossigeno nelle ultime ore scambiando a 6,79 con il Dollaro americano e a 7,43 con l'Euro. La risalita arriva dopo una lunga mattanza che ha portato i rispettivi cross a raggiungere il massimo storico nella giornata del 7 maggio. Complice in questo sono stati la grave crisi economico finanziaria che ha generato la fuga di capitali dalla Turchia e le dissennate manovre di taglio dei tassi, ben tre, della Banca Centrale Turca da inizio 2020. A spingere ora le quotazioni della Lira è la notizia che la Banche Centrale Turca e quella del Qatar hanno firmato un accordo con il quale vi è uno scambio di valuta di 15 miliardi di dollari, con lo scopo di sostenere la stabilità finanziaria dei due Paesi.
Qatar e Turchia: un accordo in più fasi per non far scivolare la Lira negli abissi
Il patto rientra in un pacchetto di investimenti che il Qatar da anni aveva intenzione di fare in Turchia. Già dai tempi della crisi diplomatica che nel 2018 vide coinvolti Erdogan e Trump, il Paese arabo guidato dall'emiro Tamim Bin Hamad si era mostrato propenso a investire 15 miliardi di dollari per spalleggiare il Governo di Ankara. Oggi si concretizza attraverso uno swap tra le Banche Centrali da effettuarsi in più fasi, una prima che prevede uno scambio di Lira turca contro Riyal del Qatar per un cifra di 3 miliardi di dollari. Le Autorità turche si erano rivolte a 20 Stati per cercare di arginare il tracollo della moneta locale, visto e considerato che la Banca Centrale stava esaurendo le riserve. Secondo fonti di Reuters, in particolare il Ministero del Tesoro turco e la Banca Centrale avevano fatto appello a Cina e Qatar per aumentare le linee di scambio esistenti e alla Gran Bretagna e al Giappone per stabilirle. Per il momento però le trattative sono ancora in corso. Per questo Erdogan e il Governatore Murat Çetinkaya hanno dovuto rivolgersi ai finanziatori statali per mettere in circolo una quantità illimitata di dollari al fine di impedire che il cambio con la valuta americana andasse fuori controllo. Si conta infatti che l'Istituto monetario di Istanbul abbia portato le sue riserve a 89,2 miliardi di dollari dal 1° gennaio 2020, con una riduzione di 17 miliardi di dollari. Secondo una classifica stilata dall'Economist oggi la Turchia risulta tra i Paesi con il minor livello di riserve valutarie in tutto il Mondo, in compagnia di Stati come il Venezuela, l'Ecuador, il Panama che navigano in cattive acque da anni.
Il taglio dei tassi che non piace al mercato
Erdogan cerca capitali ma, attraverso la Banca Centrale a dir poco compiacente, non alza i tassi. Come dicevamo i tagli sono stati tre dall'inizio dell'anno. L'ultima sforbiciata è arrivata ad aprile, l'ottava consecutiva, con il costo del denaro ridotto di un punto percentuale (dal 9,75% all'8,75%). L'obiettivo è stato quello di rilanciare l'economia defalcata dal Coronavirus. Questo però di fatto ha indebolito enormemente la valuta creando spirali inflazionistiche pericolosissime per un Paese che importa il 78% delle materie prime. A nulla è servita la maggiore appetibilità di operazioni di Carry Trade nel mercato valutario su cross che vedono coinvolta la Lira, vista l'estrema volatilità dei cambi di questi ultimi anni e un trend ribassista per la moneta turca che sembra non volersi arrestare. Da qui si pone un problema molto serio della fuga di capitali da Istanbul, dopo che il Paese ha vissuto anni di fioritura; dal 2012 al 2018 è cresciuto come nessuno in Europa, +33% con un picco del 7,4% nel 2017. Oggi vi è la minaccia della stagflazione che tiene lontani gli investitori, con il Covid-19 che ha calato il colpo di grazia.
La Lira turca si riprenderà dallo shock in futuro?
Secondo quanto riporta Reuters, un alto funzionario governativo che ha chiesto l'anonimato ha dichiarato che i colloqui con gli altri Paesi per gli scambi bilaterali di valuta continuano. Soprattutto con la Cina con cui la Turchia ha già una struttura di scambio di 1,7 miliardi di dollari. La Turchia quindi sembra aver accantonato almeno per il momento il suo partner principale in tal senso, ossia gli USA, essendo che la FED è poco propensa a venire in soccorso di Ankara. Questo potrebbe garantire una maggiore stabilità futura per la Lira? Secondo Tatha Ghose, analista di Commerzbank, gli swaps sono di rilievo minore rispetto alla possibilità che l'economia riparta grazie alla riapertura delle attività. Pertanto la ripresa a pieno regime delle esportazioni, cavallo di battaglia del Paese turco, dissiperebbero i guai della valuta, nonostante i problemi congeniti rimarranno nel lungo termine. Gli analisti rilevano però che i debiti esteri a 12 mesi in Turchia ammontano a 168 miliardi di dollari, una cifra che non fa dormire sonni tranquilli.