La debolezza del dollaro è sotto gli occhi di tutti e soprattutto dopo l’ormai celebre quanto effimero Liberation Day proclamato da Trump ad inizio aprile, la direzione del biglietto verde è stata chiara. La discesa.
Una discesa che finora non ha avuto il supporto di un ingrediente essenziale: la politica monetaria espansiva della Federal Reserve richiesta a gran voce anche da Trump.
Quello che si è visto finora è stato un movimento di debolezza del dollaro innescato da flussi in uscita per timori vari degli investitori. Incertezza sulla politica dei dazi, sfiducia nella capacità americana di contenere il debito aggravata dal taglio recente del rating, differenziali di crescita tra aree del mondo e USA in contrazione.
Analisi dollaro: dove è finito il flight to quality?
Tutti elementi che hanno portato ad esempio EUR/USD a superare certi livelli di resistenza e posizionarsi in zone di prezzo più elevate ma che ancora potrebbero far pensare ad un trading range di cui oggi viene testata la parete superiore.
Che il biglietto verde soffra di una debolezza di fondo lo si è capito anche nel giorno dell'attacco di Israele all'Iran quando la forza del dollaro è stata molto modesta non innescando quel fenomeno di "flight to quality" che accompagna solitamente queste fasi.
Il dato sull’inflazione della scorsa settimana potrebbe però aver innescato una nuova ondata di vendite sul dollaro in grado di proiettarlo ancora più in basso.
I prezzi al consumo di maggio, infatti, hanno mostrato una tendenza alla crescita inferiore alle attese con variazioni mensili di appena lo 0,1% su dato generale e core. Il +2,4% di variazione dell’inflazione su base annua e il +2,8% del dato depurato dalle componenti volatili, conferma una tendenza che non sembra essere stata influenzata dai dazi introdotti ad aprile.
Forse l’incertezza e un rallentamento economico che sta cominciando a prendere corpo sono alla base di questo dato che ha un po' sorpreso i mercati. Mercati che ora guardano alla Federal Reserve e a Powell speranzosi di capire quando ricominceranno i tagli nei tassi di interesse.
Forex: EUR/USD, guardiamo a 1,2
Al momento il mercato sconta un paio di taglio nei tassi americani entro fine anno ed è bastato questo per far scattare EUR/USD sopra 1,15. Abbastanza facile comprendere cosa potrebbe succedere se la FED annunciasse effettivamente un passaggio da neutrale a "dovish" nella sua politica monetaria.

Tecnicamente non ci sono molti dubbi sulla figura che sta prendendo corpo. Il cambio sta crescendo praticamente sempre da inizio anno ed è passato da 1,03 di fine 2024 al 1,15 attuale. Soprattutto è stato confermato il break della down trend line ribassista che guida il cambio dal 2008 e il superamento di quella base superiore di trading range posto a 1,12 che accompagnava il cambio dal 2022.
La prossima fermata, sembrano esserci pochi dubbi al riguardo, è sopra 1,20 e guarda ai massimi del 2021.
Per il dollaro si preannuncia quindi una stagione ancora all’insegna della debolezza con la fine dell’anno che potrebbe vedere, salvo clamorosi ritorni di fiamma dell’inflazione che costringerebbe la FED ad un approccio "hawkish", EUR/USD oltre la quota psicologica di 1,20.