Il peggio è alle spalle per il dollaro neozelandese? Il mercato valutario si interroga se dopo la valanga Trump sui mercati, ormai in buona parte riassorbita per quelle che riguarda il mercato azionario e obbligazionario, ci sarà la possibilità anche per valute più direttamente legate alla Cina e alla sua economia di riprendersi dopo la caduta post Liberation Day.
È questo il caso del dollaro neozelandese arrampicatosi oltre i massimi dai tempi del Covid prima di ripiegare in modo molto piuttosto importante e che allontana da una zona molto pericolosa la valuta oceanica.
La chiusura di mese su EUR/NZD va in archivio quindi con una figura tecnica interessante per gli amanti della tecnica delle candele giapponesi. Una lunga ombra superiore con un corpo in chiusura non distante dai livelli di apertura. Segnale di eccessi di vendite riassorbiti con pazienza dai compratori, ma anche una precisa volontà di entrare nel mese di maggio con la convinzione che potremmo aver assistito ad un classico fenomeno di eccessivo pessimismo.
La guerra commerciale americana, soprattutto con la Cina, e i dazi globali, sono stati una causa di ribasso per una valuta tipicamente molto correlata con la volatilità dei mercati finanziari; ma anche la politica monetaria ha la sua responsabilità visto che al momento il mercato sconta altri 75 punti base di taglio, una decisione che porterebbe il costo del denaro al 2,75% nei prossimi 12 mesi.
La Banca centrale (RBNZ) ha rilasciato nel corso delle ultime settimane delle indicazioni abbastanza chiare circa i rischi al ribasso per un’economia molto votata all’interscambio commerciale e questo sembra essere la doverosa premesse ad un proseguimento nel taglio dei tassi di interesse. Decisione che rende meno appetibile il Kiwi, come viene comunemente chiamato il dollaro neozelandese, in quanto il differenziale di rendimento con l’euro si assottiglierebbe ancora.
Nei giorni scorsi i dati di fiducia delle imprese neozelandesi hanno fatto registrare un leggero miglioramento, segno che forse il peggio è alle spalle anche se rimane una forte incertezza sul futuro che inciderà sugli investimenti e quindi sul Pil.
Dollaro Neozelandese come proxy della guerra commerciale
Se NZD/USD per la terza volta dal 2020 è riuscito ad evitare la rottura ribassista dell’importante supporto di 0,55, per EUR/NZD abbiamo assistito al nuovo assalto alla resistenza psicologica di 2 NZD per EUR, archiviata per ora senza successo.

Se per NZD/USD un rimbalzo fino a 0,63/0,64 è da considerare possibile, per il cross EUR/NZD un ritorno a 1,85, dove si annidano parecchi supporti statici, sembra essere un ragionevole obiettivo prima del ritorno delle vendite sul neozelandese. Il termometro della guerra dei dazi si misurerà anche dal comportamento della divisa pacifica nelle prossime settimane.