Donald Trump ha sorpreso i mercati. Le attese per misure protezionistiche verso il resto del mondo sono state surclassate da decisioni senza precedenti dal dopoguerra in avanti. Con dazi che partono dal 10% e riparametrati sulla base del deficit commerciale americano verso una certa area economica, l’amministrazione americane ha deciso di imporre sull’import di merce estera tariffe che possono arrivare fin quasi al 50% per Paesi emergenti asiatici come Cambogia e Laos. I prodotti cinesi saranno colpiti da dazi al 34%, quelli europei del 20%. Rimangono in essere i dazi del 25% su Canada e Messico, così come quelli su auto, acciaio e alluminio.
Una guerra dove perdono tutti
Quel breve periodo temporale lasciato da Trump prima dell’entrata in vigore dei dazi servirà per misurare le reazioni dei Governi e andare a eventuali trattative. Il rischio è che invece si inasprisca una battaglia commerciale con nessun vincitore. E certamente tra i perdenti sembra esserci il dollaro americano, colpito duramente post annuncio di Trump.
Con quasi due figure di ribasso il biglietto verde ha pagato a sua volta “dazio”. I rendimenti decennali in caduta libera e di nuovo vicino al 4% prospettando una recessione economica in America come l’inversione di alcuni tratti di curva sembra suggerire.
Lo spread rispetto ai bond europei si restringe favorendo l’euro; la corsa all’acquisto di divise tipicamente difensive come lo yen e il franco svizzero chiarisce l’umore dei mercati che nell’incertezza si rifugiano dove possono.
Per il dollaro il momento è delicato ma, in attesa di un taglio dei tassi FED (il mercato ne prevede tra tre o quattro entro fine anno con Trump che preme), questa sembra essere l’ideale valvola di sfogo per riequilibrare la bilancia commerciale anche considerando gli incerti introiti fiscali derivanti dai dazi.
EURUSD: grafico mostra debolezza del dollaro USA
Il grafico di EurUsd parla chiaro. L’assalto alla down trend line in essere dal 2020 è stato formalizzato e a questo punto rimane solo la barriera di 1,12 (massimi di agosto e settembre 2024) a fare da ostacolo ad un allungo decisamente più consistente da parte della moneta unica europea.

A 1.128 si posiziona anche il 61,8% di ritracciamento dell’intero ribasso di EurUsd cominciato nel 2020 a 1,24. Viene abbastanza semplice comprendere che una rottura verso l’alto creerebbe i presupposti per un allungo ben più deciso dell’euro con la svalutazione del biglietto verde che potrebbe anche vedere un 2 dopo la virgola se la retorica della FED sui tassi dovesse cambiare diventando più dovish.
Quello che sembra abbastanza chiaro è che per il momento l’Amministrazione Trump ha tutto l’interesse a rendere le merci fuori dagli Stati Uniti più care, con i dazi e con il cambio. Gli effetti di questa politica nel breve periodo appaiono abbastanza evidenti. Più inflazione o meno domanda verso l’estero. La stagflazione bussa alle porte dell’America.