Colossi come Walmart, Target, Lowe’s, Amazon e TJX hanno registrato vendite superiori alle attese, segnalando che la propensione al consumo degli americani non si è affievolita.
Eppure, dietro questa apparente solidità, si nasconde un rischio crescente: i dazi doganali. Fino a oggi i retailer hanno scelto di assorbire gran parte dei costi, mantenendo i prezzi invariati per non scoraggiare la domanda. Ma con l’esaurirsi delle scorte importate prima delle nuove tariffe, il meccanismo si sta incrinando: i rincari stanno arrivando sugli scaffali e saranno i consumatori a pagarne le conseguenze.
Perché i dazi non si sono sentiti finora
La forza dei consumi americani non è stata solo frutto di occupazione e salari. Molte catene hanno infatti anticipato gli acquisti, importando grandi quantità di merce prima dell’entrata in vigore dei dazi primaverili ed estivi. Questo ha permesso di mantenere stabili i prezzi al dettaglio, almeno temporaneamente.
Parallelamente, diverse aziende hanno accettato di sacrificare parte dei propri margini, preferendo “mangiarsi” i costi aggiuntivi piuttosto che rischiare di perdere clienti in un contesto ancora favorevole alla spesa.
Ma questo potrebbe cambiare già a partire dai prossimi mesi, come già anticipato dalle trimestrali dei rivenditori americani.
Le prime crepe: il giudizio degli investitori
Il clima di fiducia si è incrinato con le ultime trimestrali.
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Walmart ha perso il 4,5% in Borsa nel giorno della pubblicazione dei conti;
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BJ’s Wholesale Club ha lasciato sul terreno il 6%;
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Target è scesa del 6,3%, complice anche il cambio di CEO.
Questi cali non riflettono tanto la solidità dei bilanci, quanto la paura che nei prossimi mesi i retailer saranno costretti a scaricare i costi dei dazi sui clienti, con effetti potenzialmente negativi sulle vendite e sui margini.
Con costi in aumento e con una capacità di spesa inferiore rispetto agli scorsi anni, gli investitori scontano una contrazione di fatturato ed utili proprio per queste aziende.
Walmart: leader sotto pressione
Walmart, primo retailer al mondo e punto di riferimento per milioni di famiglie americane, ha finora beneficiato di una valutazione premium in Borsa grazie alla capacità di mantenere prezzi bassi e competitivi.
Il CEO Doug McMillon ha riconosciuto che l’impatto dei dazi è stato graduale e non ha modificato drasticamente i comportamenti dei consumatori. Tuttavia, ha avvertito che i costi aumentano di settimana in settimana man mano che l’azienda rifornisce gli scaffali con prodotti soggetti a tariffe. Un trend destinato a proseguire nel terzo e quarto trimestre.
Walmart cercherà di mantenere i prezzi più contenuti possibile, ma alcuni aumenti saranno inevitabili, soprattutto dopo aver mancato le attese sugli utili nonostante i ricavi in crescita.
Target e Home Depot: strategie a confronto
Anche le altre aziende di retail hanno puntato il dito verso i dazi per il possibile aumento futuro dei costi dei propri prodotti, valutando strategie differenti. In dettaglio:
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Target, competitor diretto di Walmart, punta su una clientela più orientata al design e all’esperienza d’acquisto. Nel secondo trimestre ha preferito non effettuare riacquisti di azioni proprie, segnalando cautela in un contesto incerto;
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Home Depot, leader nel settore del bricolage e dei materiali per la casa, ha scelto di ridurre le promozioni su articoli da giardino e outdoor, per compensare l’aumento dei costi. La conseguenza è stata un lieve calo delle transazioni;
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Lowe’s, altro colosso del settore, ha sottolineato l’importanza di monitorare in tempo reale la reazione dei clienti agli aumenti, cercando di individuare il “break point” oltre il quale la domanda cala sensibilmente.
Un equilibrio delicato
La situazione obbliga i retailer alla ricerca di un equilibrio: proteggere i margini erosi dai dazi senza spaventare i consumatori. Non si tratta solo di una questione di prezzi, ma di elasticità della domanda.
Walmart, ad esempio, ha già registrato un calo nelle vendite di prodotti discrezionali colpiti dai rincari, segnale che il consumatore medio potrebbe iniziare a ridimensionare le proprie spese.
Il settore retail americano si trova ora davanti a un bivio. Dopo anni in cui le grandi catene hanno fatto da scudo contro i dazi, il peso si sta spostando sui consumatori. Il terzo trimestre sarà la vera prova: se la domanda dovesse reggere nonostante i prezzi più alti, i retailer potrebbero uscire rafforzati. In caso contrario, il settore rischia di dover affrontare una contrazione delle vendite proprio nel periodo cruciale delle festività natalizie.
La resilienza del consumatore americano, finora sorprendente, sta per essere messa alla prova.
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