Stati Uniti, Cina e la guerra commerciale senza fine: cosa succede? | Investire.biz

Stati Uniti, Cina e la guerra commerciale senza fine: cosa succede?

14 ott 2025 - 12:00

Le tensioni tra Stati Uniti e Cina riaccendono la guerra commerciale. Mercati divisi tra paura e speranza con l’Hang Seng ancora sotto pressione

A distanza di mesi dalle prime schermaglie tariffarie, la tensione commerciale tra Stati Uniti e Cina torna a condizionare i mercati globali. Donald Trump, tornato al centro della scena politica americana, ha minacciato l’introduzione di dazi del 100% su tutte le importazioni cinesi a partire dal 1° novembre, provocando un immediato scossone sui mercati, soprattutto sull'indice Hang Seng che attualmente perde quasi l'8% rispetto ai massimi della settimana scorsa. In questo articolo e nel video in allegato, cercheremo di capire quali sono le motivazioni e soprattutto le aspettative per i prossimi mesi.

 

 

Guerra commerciale USA-Cina: la reazione dei mercati

Venerdì 13 ottobre la reazione è stata rapida e violenta: in poche ore, miliardi di dollari di capitalizzazione si sono volatilizzati. Ma come spesso accade, l’ex presidente ha poi smorzato i toni nel giro di un weekend, assicurando che “andrà tutto bene”. Dall’altra parte del Pacifico, Pechino ha risposto con prudenza: il Ministero del Commercio cinese ha spiegato che le nuove restrizioni sulle esportazioni di terre rare non rappresentano un atto ostile, bensì una misura regolamentare volta a tutelare le proprie risorse strategiche.

Il risultato è stato un parziale sollievo per gli investitori. Lunedì, lo S&P 500 è salito dell’1,5%, il Nasdaq del 2,2% e l’Hang Seng Index ha messo a segno un rialzo del 1,5%. Tuttavia, la sensazione è che ci si trovi ancora una volta di fronte a una tregua fragile, come già avvenuto in passato durante i cicli di “escalation e distensione”.

 

 

Un equilibrio precario tra diplomazia e politica interna

Dietro la retorica mediatica si nasconde una complessa partita diplomatica. Entrambi i Paesi hanno interesse a evitare un’escalation incontrollata, ma nessuno vuole mostrarsi debole. Gli analisti di Evercore ISI descrivono la situazione come “un gioco del pollo ad alto rischio” (chicken trade game), in cui le due potenze economiche testano i limiti dell’altro prima di concedere aperture significative.

Il problema principale resta quello delle terre rare e delle tecnologie strategiche. La Cina controlla circa il 70% della capacità mondiale di raffinazione delle terre rare, fondamentali per la produzione di semiconduttori, motori elettrici e componentistica militare. Gli Stati Uniti, invece, detengono il controllo sulle tecnologie avanzate, in particolare nel settore dei chip e dei macchinari per la litografia. Questo bilanciamento delle vulnerabilità crea una tensione costante: nessuno dei due può permettersi di colpire l’altro senza subirne danni collaterali.

Sul fronte economico, Pechino tenta di mantenere la stabilità attraverso politiche di stimolo mirate, ma la crescita resta modesta. Negli Stati Uniti, l’inflazione continua a rappresentare un freno: la Federal Reserve deve bilanciare il rischio di un rallentamento con la necessità di non riaccendere le pressioni sui prezzi. Secondo Thierry Wizman, strategist di Macquarie, la prospettiva di nuovi dazi “potrebbe rendere la Fed più cauta nel tagliare i tassi”, rafforzando il dollaro e complicando ulteriormente la situazione per i mercati emergenti.

 

 

Le prossime tappe e il possibile incontro al vertice

Il calendario politico offre diversi punti di contatto potenzialmente decisivi. La prossima occasione per un allentamento delle tensioni nella guerra commerciale USA-Cina sarà il vertice APEC in programma a fine mese in Corea del Sud, dove Trump e Xi potrebbero incontrarsi di persona.

Un faccia a faccia tra i due leader, anche solo di natura simbolica, rappresenterebbe un segnale positivo per i mercati, ma prima di allora le rispettive delegazioni dovranno lavorare su temi complessi: concessioni reciproche sulle restrizioni commerciali, regole per le esportazioni di terre rare, questioni legate a TikTok e alle società sanzionate nelle liste americane.

Paul Triolo, analista di DGA-Albright Stonebridge Group, ritiene che “un allentamento mirato delle restrizioni americane potrebbe essere la chiave per ricostruire un dialogo costruttivo”. Tuttavia, la fiducia tra le due parti rimane minima, e qualsiasi progresso sarà probabilmente graduale e reversibile.

 

 

Mercati nervosi e volatilità in aumento

La settimana appena conclusa ha confermato quanto rapidamente il sentiment possa cambiare. Dopo la fuga dal rischio di venerdì, lunedì i listini hanno recuperato terreno, ma la volatilità resta elevata. Il VIX, l’indice della paura di Wall Street, è sceso da 22 a 18,6 punti dopo il weekend, segnale di un sollievo temporaneo.

Gli analisti di Morgan Stanley avvertono tuttavia che, se le tensioni non si allenteranno entro inizio novembre, l’S&P 500 potrebbe registrare una correzione fino all’11%. In altre parole, i mercati sembrano scommettere su una tregua, ma non credono davvero che la pace commerciale sia vicina.

Dietro la calma apparente si nasconde quindi un rischio strutturale: quello di una volatilità intermittente, guidata da tweet, dichiarazioni e indiscrezioni più che da dati macroeconomici concreti. In questo contesto, gli investitori tendono a privilegiare strategie difensive, spostando capitali verso oro, titoli di Stato e settori meno ciclici.

 

 

L’Hang Seng Index rimane sotto pressione

In Asia, il mercato di Hong Kong continua a riflettere la fragilità della fiducia globale. L’Hang Seng Index ha chiuso la settimana con la sesta seduta consecutiva in calo, perdendo circa l’1,5% e attestandosi intorno ai 24.350 punti.

Il contesto resta complicato: la crisi immobiliare cinese, la debolezza dei consumi interni e l’incertezza geopolitica scoraggiano nuovi flussi di capitale straniero. A livello tecnico, il supporto principale si trova nell’area 24.000–24.500, mentre la resistenza immediata è a 26.000 punti. Finché l’indice rimane sotto questa soglia, il trend resta lateralmente ribassista.

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Fonte: Trive.com/it

Negli ultimi giorni si è osservata una modesta ripresa dei volumi, segnale che alcuni investitori istituzionali stanno valutando ingressi selettivi in vista del vertice APEC. Tuttavia, la prospettiva di un rimbalzo sostenibile dipenderà interamente dal tono dei colloqui tra Washington e Pechino. Un eventuale segnale di distensione potrebbe innescare un recupero verso i 26.000 punti, ma in assenza di progressi politici il rischio di nuovi minimi rimane elevato.

In definitiva, l’Hang Seng si conferma un termometro sensibile della fiducia globale nei confronti della Cina: ogni passo verso la collaborazione si traduce in un rally immediato, ma ogni accenno di tensione riporta il mercato sulla difensiva. In questo clima, la prudenza resta l’unica strategia sensata.

 

Disclaimer: File MadMar.

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