A pesare sulle scelte degli investitori e delle Banche Centrali sono state le tensioni geopolitiche, l’incertezza economica globale e l’inasprimento della guerra commerciale a guida statunitense. Con una domanda netta pari a 226,5 tonnellate (per un controvalore di 21,1 miliardi di dollari), nei primi tre mesi l'oro ha registrato la miglior performance trimestrale degli ultimi tre anni, riportando in auge un trend che sembrava essersi esaurito dopo l’impennata pandemica del 2020. Attualmente il gold quota oltre 3.000$ ad oncia.
Oro: cosa ha spinto la domanda?
Gli afflussi record sono principalmente il riflesso di una crescente instabilità a livello globale. Dopo l’avvio della nuova guerra commerciale da parte degli Stati Uniti, con dazi imposti su oltre l’85% delle importazioni, i mercati hanno reagito con estrema volatilità. A ciò si è aggiunto un clima geopolitico particolarmente teso: conflitti militari, tensioni diplomatiche e minacce cibernetiche hanno spinto gli investitori verso asset considerati “sicuri”.
Le analogie con il primo trimestre del 2022 – quando l’invasione russa dell’Ucraina aveva innescato una corsa all’oro – sono state sottolineate anche dal World Gold Council: "stiamo assistendo ad una classica fuga verso la sicurezza, dove la combinazione di tensioni geopolitiche e timori di recessione crea il contesto ideale per un aumento della domanda di oro", ha dichiarato un portavoce.
Anche fondi pensione e investitori istituzionali hanno aumentato la loro esposizione, utilizzando l’oro come copertura contro l’instabilità e il rischio sistemico.
I numeri del boom
Nel dettaglio, i flussi nei fondi ETF sull’oro durante il Q1 2025 sono stati così distribuiti:
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Gennaio: +87,3 tonnellate
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Febbraio: +76,9 tonnellate
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Marzo: +62,3 tonnellate
Ognuno di questi mesi ha superato i flussi trimestrali di diversi anni precedenti, indicando non solo un movimento temporaneo ma una tendenza strutturale. Alla fine di marzo, le disponibilità totali detenute dagli ETF sull’oro hanno raggiunto quota 3.445,3 tonnellate, +3% su base trimestrale. Si tratta del livello più alto dal maggio 2023, molto vicino al record assoluto di 3.915 tonnellate segnato nell’ottobre 2020.
Distribuzione geografica degli afflussi
L’analisi regionale mostra una chiara leadership degli Stati Uniti:
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ETF USA: +133,8 tonnellate (59% del totale)
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ETF europei: +54,8 tonnellate (24%)
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Altri mercati globali: +37,9 tonnellate (17%)
Il predominio statunitense riflette un aumento delle preoccupazioni legate a inflazione e instabilità valutaria. In Europa, invece, la persistente instabilità legata al caro energia e al contesto post-2022 continua ad alimentare interesse verso l’oro. Infine, anche l'Asia (con Cina e India in primo piano) ha registrato un incremento, soprattutto grazie alla crescente accessibilità degli ETF tra i piccoli risparmiatori.
Il contesto storico: ritorno alla crescita dopo tre anni di deflussi
Dopo tre anni consecutivi di deflussi netti (2021-2023), dovuti all’aumento dei tassi d’interesse che hanno reso l’oro – asset privo di rendimento – meno attraente, il 2024 ha segnato una prima inversione di tendenza. Le 226,5 tonnellate affluite nei primi tre mesi del 2025 confermano il ritorno dell’oro tra gli asset preferiti dagli operatori. Con 11 mesi consecutivi di flussi positivi, il mercato mostra segnali di forza strutturale più che speculativa.
Analogie con fasi precedenti – come il 2008-2009 (crisi finanziaria globale) o il biennio 2019-2020 (guerra commerciale e pandemia) – suggeriscono che gli investitori si stanno preparando a scenari di lungo periodo segnati da incertezza.
Quali prospettive per il prezzo dell’oro?
L’analisi statistica mostra una correlazione di 0,73 tra i flussi trimestrali negli ETF e l’andamento del prezzo dell’oro. Se i flussi dovessero continuare, si aprirebbero scenari di rialzo anche sul fronte delle quotazioni. Gli analisti indicano come prossimo livello chiave di resistenza quota 3.250 $ ad oncia, mentre alcuni proiettano l’obiettivo ambizioso di 3.500 $ ad oncia, in caso di ulteriore deterioramento macroeconomico.
Fonte: Trive.com/it
A complicare ulteriormente il quadro c’è il lato dell’offerta: i maggiori produttori stanno segnalando un calo della qualità dei giacimenti e una contrazione dei budget per l’esplorazione. La scarsità futura potrebbe fare da leva aggiuntiva ad un contesto di domanda sostenuta.
L’interesse crescente verso l’oro è stato recepito anche dalle grandi case d’investimento, che nei loro modelli strategici ora suggeriscono una allocazione tra il 5% e il 10% in oro per bilanciare portafogli esposti al rischio. Anche il mercato delle opzioni segnala attese rialziste: i premi pagati per la protezione a rialzo sono aumentati, indice del fatto che molti operatori scommettono su nuovi massimi.
Tuttavia, alcuni avvertono che un miglioramento improvviso delle relazioni commerciali o un’inaspettata stretta monetaria da parte delle Banche centrali potrebbero innescare prese di profitto. Per ora, però, la combinazione di rischio geopolitico, rallentamento economico e incertezza monetaria continua a giocare a favore del metallo giallo.