La corsa all'oro dell'Intelligenza Artificiale non mostra segni di rallentamento, anzi, sta per entrare in una nuova, vertiginosa fase. Secondo un report di The Information, OpenAI ha avviato discussioni preliminari con gli investitori per raccogliere fino a 100 miliardi di dollari di nuovo capitale.
Se l'operazione andasse in porto, la valutazione del creatore di ChatGPT schizzerebbe a circa 750 miliardi di dollari, cementando la sua posizione non solo come leader dell'IA, ma come una delle entità private più preziose della storia economica moderna.
Valutazione OpenAI: un'ascesa verticale verso i 1.000 miliardi
L'accelerazione del valore di OpenAI è impressionante anche per gli standard di volatilità della Silicon Valley. Solo a ottobre 2025, in occasione di una vendita secondaria di azioni da parte dei dipendenti, l'azienda era stata valutata circa 500 miliardi di dollari. In meno di tre mesi, le nuove discussioni suggeriscono un incremento di valore del 50%, spinto dall'insaziabile appetito degli investitori istituzionali.
Tutto questo sembra essere il preludio al grande passo finale: la quotazione in Borsa. Secondo Reuters, OpenAI sta ponendo le basi per una IPO (Offerta Pubblica Iniziale) prevista potenzialmente per la seconda metà del 2026. L'obiettivo è avere una valutazione di mercato che potrebbe toccare la soglia psicologica e finanziaria di 1 trilione di dollari ($1.000 miliardi).
Perché servono così tanti soldi?
La domanda che molti si pongono è: come verranno spesi 100 miliardi di dollari? La risposta risiede nell'infrastruttura. La strategia di OpenAI dipende interamente dalla capacità di assicurarsi enormi quantità di potenza di calcolo.
-
Data Center e Chip: l'addestramento dei modelli di prossima generazione richiede data center sempre più vasti e chip specializzati;
-
La visione di Altman: il CEO Sam Altman non ha mai nascosto che per soddisfare la domanda globale di AI serviranno investimenti nell'ordine dei "trilioni" nel lungo periodo;
-
Accordi esistenti: quest'anno l'azienda ha già firmato accordi multimiliardari con partner come Oracle e Nvidia, ma la necessità di scalare è ancora enorme.
Il fattore Amazon e il riassetto delle alleanze
Uno degli sviluppi più interessanti emersi in questi giorni è il potenziale ingresso di Amazon nella partita. Fonti vicine alle trattative indicano che il gigante dell'e-commerce potrebbe investire circa 10 miliardi di dollari.
Questo accordo avrebbe un risvolto strategico cruciale: OpenAI potrebbe iniziare a utilizzare i chip proprietari di Amazon, i Trainium, per i suoi carichi di lavoro. Questa mossa segnala due aspetti importanti:
-
La volontà di OpenAI di diversificare i fornitori di hardware, riducendo la dipendenza totale da Nvidia;
-
La crescente competizione tra i cloud provider (Amazon, Google, Microsoft) per ospitare i modelli di AI più avanzati.
Nel frattempo, Microsoft (storico partner di OpenAI) sta a sua volta diversificando. Pur rimanendo un investitore chiave, Redmond ha recentemente stretto accordi con Nvidia e con il rivale diretto di OpenAI, Anthropic, in un chiaro tentativo di non mettere tutte le uova nello stesso paniere.
Il panorama competitivo del 2025
OpenAI non è sola in questa corsa verso valutazioni astronomiche. Il settore sta vivendo una fase di consolidamento e crescita esplosiva:
-
Anthropic: la valutazione è salita a 350 miliardi di dollari (rispetto ai 183 miliardi di settembre), grazie al sostegno di Microsoft e Nvidia;
-
xAI (Elon Musk): è in trattative per raccogliere 15 miliardi a una valutazione di 230 miliardi;
-
Perplexity: la startup di ricerca AI ha raggiunto i 20 miliardi di valore;
-
Il mercato globale: secondo UBS, la spesa globale per l'IA toccherà i 375 miliardi quest'anno, con proiezioni di 500 miliardi per il 2026.
Mentre gli investitori rimangono cauti sui tempi di ritorno di queste spese in conto capitale (Capex), la paura di perdere il treno (FOMO) sembra prevalere. Se OpenAI riuscirà a chiudere questo round da 100 miliardi e a preparare la IPO del 2026, non starà solo finanziando la sua tecnologia, ma starà ridefinendo le dimensioni economiche di un intero settore.