La settimana in corso sarà decisiva per le sorti del cambio valutario EUR/USD. Infatti, giovedì 25 luglio si terrà la riunione della Banca Centrale Europea (BCE), uno degli eventi più attesi di questa estate. Il meeting arriva in un contesto caratterizzato da estrema incertezza sia per l’Eurozona che per gli Stati Uniti. In questo articolo e nel video in allegato vedremo esattamente quali livelli monitorare con estrema attenzione.
Riunione BCE: EUR/USD, alcuni dati da valutare
Dopo un rally di oltre il 14% partito dai minimi di aprile in area 1,02, l’euro ha beneficiato di una combinazione di fattori piuttosto rara: inflazione sotto controllo, tagli graduali da parte della BCE e, paradossalmente, una ritrovata attrattività per gli asset denominati in euro.
Citi, ad esempio, ha segnalato un afflusso di quasi 100 miliardi di euro in titoli dell’Eurozona solo nel mese di maggio, confermando il crescente appetito internazionale verso i bond europei, soprattutto nel segmento a lunga scadenza. Ma questa forza dell’euro non è vista di buon occhio da Francoforte, e non è escluso che proprio nella prossima riunione la BCE possa adottare toni più “dovish” per contenere ulteriori apprezzamenti della valuta comune.
Dollaro americano in pericolo
L’altro lato della medaglia è rappresentato da un dollaro che, almeno sulla carta, avrebbe tutte le ragioni per rafforzarsi. Almeno per il momento, però, non pare essere affatto così. Infatti, i rendimenti dei Treasury restano su livelli elevati: il ventennale viaggia intorno al 4,90%, stessa identica cosa per il trentennale. A sorprendere è il fatto che il dollaro non riesca più ad attrarre capitali esteri per i propri Treasury.
Un segnale, questo, che qualcosa si è rotto nella narrazione del dollaro come valuta dominante degli ultimi anni. Il deficit federale statunitense ha raggiunto livelli mai visti in tempo di pace e le dichiarazioni sempre più aggressive da parte di Donald Trump, che continua a premere per una riduzione dei tassi, stanno sollevando dubbi sulla futura indipendenza della Fed.
Non è un caso che alcuni osservatori, incluso l’analista di ING Chris Turner, stiano iniziando a parlare apertamente di “anti-bolla del dollaro”, con il biglietto verde che da gennaio ha già perso oltre il 4% in termini di indice del Dollaro americano (DXY).
Il rischio, dunque, è che a prevalere siano le dinamiche fiscali più che quelle monetarie: in uno scenario del genere, la BCE potrebbe trovarsi in una posizione delicata, con margini ridotti per ulteriori tagli, soprattutto se l’euro dovesse già indebolirsi autonomamente a causa di un ormai molto probabile aumento del debito europeo. In tal caso, un allentamento eccessivo da parte della BCE rischierebbe di alimentare aspettative di aumento dell'inflazione piuttosto che favorire un equilibrio valutario.
In sostanza, il cambio Euro-Dollaro si trova stretto tra due forze divergenti: da un lato le pressioni deflazionistiche che spingono Francoforte verso ulteriori allentamenti monetari; dall’altro la debolezza strutturale del dollaro, generata da un mix di tensioni geopolitiche, deficit fuori controllo e un ciclo economico che negli Stati Uniti mostra segnali contrastanti.
In questo contesto, anche l’efficacia delle politiche monetarie viene messa in discussione: secondo diversi studi macroeconomici, negli ultimi anni sono state le politiche fiscali, più che quelle delle Banche centrali, a incidere realmente sull’andamento delle valute. E mentre gli Stati Uniti continuano ad aumentare il debito per sostenere la crescita, l’Europa resta vincolata a regole di bilancio sempre più anacronistiche.
Analisi tecnica e livelli operativi su EUR/USD
Dopo aver toccato un massimo di periodo a 1,1880, il cambio EUR/USD è entrato in una fase di consolidamento che dura ormai da diverse settimane. Attualmente il prezzo oscilla tra 1,1650 e 1,1700, un’area tecnica che funge da vera e propria zona di equilibrio tra compratori e venditori. La struttura di breve resta impostata al rialzo, ma con segnali di perdita di momentum: l’RSI giornaliero si è appiattito, e le medie mobili a 20 e 50 giorni iniziano a convergere, indicando possibile indecisione.
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In caso di rottura confermata sopra 1,1720, il primo target rialzista si trova in area 1,1800, livello che rappresenta anche una forte resistenza psicologica. Tuttavia, un ritorno sotto 1,1600 aprirebbe scenari ribassisti più ampi, con estensioni potenziali fino a 1,1500 e successivamente 1,1300 nel lungo termine.
Un eventuale taglio della BCE combinato con una Fed meno accomodante potrebbe costituire il catalizzatore perfetto per un’inversione più profonda. Fino ad allora, è probabile che il cambio rimanga in range, almeno fino ai dati sull’inflazione di settembre e al simposio di Jackson Hole ad agosto, dove Powell e Lagarde potrebbero fornire ulteriori indicazioni.
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