OpenAI, partner diretto di Microsoft, ha raggiunto una capitalizzazione di 500 miliardi di dollari, diventando la società privata più preziosa al mondo. Il traguardo è stato possibile grazie a una vendita di 6,6 miliardi di dollari in azioni detenute da attuali ed ex dipendenti, acquistate da colossi come SoftBank, Thrive Capital, Dragoneer e T. Rowe Price. Non si è trattato di un vero aumento di capitale, ma di un’operazione secondaria che non porta liquidità nelle casse della società, bensì nelle tasche degli azionisti.
Capitalizzazione OpenAI: la questione della sostenibilità
Il dato impressionante sulla valutazione si scontra con un quadro finanziario complesso. Secondo stime di The Information, OpenAI prevede di bruciare circa 115 miliardi di dollari entro il 2029, un livello di cash burn che supera di gran lunga quello inizialmente stimato. Solo nel 2025 il consumo di cassa supererà gli 8 miliardi, con una progressione destinata ad accelerare: 17 miliardi nel 2026, 35 miliardi nel 2027 e 45 miliardi nel 2028. Numeri che pongono interrogativi sulla capacità del business di sostenersi senza continui afflussi di capitale esterno.
Gran parte delle spese è legata all’infrastruttura. OpenAI ha già firmato un maxi-accordo con Oracle per 300 miliardi di dollari di servizi cloud nei prossimi cinque anni e sta sviluppando i propri chip AI insieme a Broadcom, con il primo prototipo atteso nel 2026. Tuttavia, la dipendenza da fornitori esterni e i costi crescenti dei data center rendono il modello di crescita fragile, soprattutto se i ricavi — stimati a 4,3 miliardi di dollari nel primo semestre 2025 — non riusciranno a crescere di pari passo.
Concorrenza e fuga di talenti
Sul fronte competitivo, OpenAI deve fronteggiare una concorrenza agguerrita. Meta, attraverso la divisione AI, ha recentemente attratto diversi ingegneri di alto profilo dall’azienda di Sam Altman, offrendo bonus milionari. Anche Google DeepMind e Anthropic restano competitor pericolosi, in grado di contendere quote di mercato e capitale umano qualificato. In questo contesto, la vendita secondaria di azioni funge anche da strumento di retention, garantendo ai dipendenti liquidità immediata in un momento di forte pressione esterna.
Un circolo industriale in formazione
Nonostante i rischi, l’interesse degli investitori resta elevatissimo e la capitalizzazione di OpenAI è lì a testimoniarlo. L’AI è ormai al centro di un vero e proprio ciclo industriale che lega insieme capitale, infrastrutture e modelli di intelligenza artificiale complessi.
In quest’ottica va letto anche il recente accordo di Microsoft con Nebius (NBIS): il colosso di Redmond ha ottenuto accesso a oltre 100.000 GPU Nvidia in un’operazione il cui controvalore è stimato fino a 33 miliardi di dollari nel progetto “NeoCloud”. L’intesa permetterà a Microsoft di far girare i propri LLM direttamente nei data center Nebius, riducendo la dipendenza da fornitori esterni e accelerando lo sviluppo di nuove generazioni di modelli AI.
Un segnale chiaro: mentre OpenAI deve ancora dimostrare la sostenibilità del proprio modello, l’intero settore si sta muovendo verso un consolidamento tra chi possiede i modelli e chi controlla l’infrastruttura.
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