Nonostante i dati trimestrali di Lululemon abbiano mostrato una crescita ancora positiva e abbiano superato le attese degli analisti, il titolo ha subìto un pesante crollo di oltre il 22% nelle contrattazioni after-hours. A pesare sul sentiment degli investitori è stata soprattutto la revisione al ribasso delle stime sugli utili per l’intero anno, un segnale che ha sollevato timori sulla tenuta della domanda negli Stati Uniti e sull’impatto dei dazi doganali.
Lululemon: i numeri del primo trimestre 2025
Il primo trimestre di Lululemon si è chiuso con ricavi pari a 2,4 miliardi di dollari, in crescita del 7% su base annua, superando le attese di consenso ferme a 2,36 miliardi. L’utile per azione (EPS) è stato pari a 2,60 dollari, anch’esso superiore alle attese (2,58 dollari), mentre le vendite comparabili, indicatore chiave per il settore retail, sono cresciute solo dell’1%, deludendo le previsioni di un +4,1%.
In sintesi:
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Ricavi: 2,4 miliardi di dollari (+7% a/a)
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EPS: 2,60 dollari vs attese di 2,58 dollari
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Vendite comparabili: +1% (attese: +4,1%)
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Margine lordo: 58,3% (+60 punti base a/a)
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Utile netto: 315 milioni di dollari
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Negozi totali: 770
A livello geografico, le performance sono state disomogenee. L’area delle Americhe, che rappresenta ancora il core del business, ha registrato una crescita dei ricavi pari al 3% (4% a valuta costante), ma con vendite comparabili in calo del 2% su base annua. Ben più brillante la performance in Cina continentale, dove i ricavi sono aumentati del 21% (22% a valuta costante), confermando il trend positivo già emerso nei trimestri precedenti. Il resto del mondo ha segnato una crescita del 16% (17% a cambi costanti), con buoni risultati in Europa, Giappone e Australia.
Guidance rivista e timori sul futuro
A spaventare gli investitori è stata però la nuova guidance rilasciata dal management. Lululemon ha rivisto al ribasso l’EPS atteso per l’intero anno, portandolo in una forchetta compresa tra 14,58 e 14,78 dollari, rispetto al range precedente di 14,95–15,15 dollari. Anche le previsioni per il secondo trimestre sono state più deboli del previsto: l’EPS atteso è tra 2,85 e 2,90 dollari, mentre gli analisti stimavano 3,29 dollari.
Le previsioni sui ricavi restano invariate nella fascia tra 11,15 e 11,3 miliardi di dollari, ma il margine operativo atteso è destinato a scendere di circa 160 punti base rispetto all’anno precedente. Il motivo? L’impatto dei dazi e l’incremento delle attività promozionali, che riducono la marginalità netta.
Durante la call con gli analisti, l’Amministratore delegato Calvin McDonald ha sottolineato un contesto di consumo più cauto nel mercato americano:
“Negli Stati Uniti, i consumatori rimangono prudenti. Stanno prendendo decisioni di acquisto più selettive, il che ci porta ad agire in modo più strategico nel nostro approccio commerciale.”
Anche la Chief Financial Officer Meghan Frank ha messo in evidenza le misure che l’azienda sta adottando per affrontare la pressione sui margini:
“Abbiamo avviato un processo di ottimizzazione dei prezzi su una piccola parte del nostro assortimento e stiamo cercando efficienze nella catena di approvvigionamento per attenuare l’effetto dei dazi.”
Nuovi lanci, ma la concorrenza avanza
Lululemon ha recentemente introdotto nuovi prodotti, tra cui la linea di pantaloni Daydrift e l’ultima collezione “Align No Line”, che hanno registrato un buon interesse da parte dei consumatori. Tuttavia, l’azienda si trova ad affrontare una concorrenza crescente nel segmento dell’abbigliamento sportivo premium, con marchi emergenti come Alo Yoga e Vuori sempre più aggressivi sul mercato nordamericano.
Proprio su questo fronte, alcuni analisti vedono segnali di indebolimento del brand. Randal Konik, analista di Jefferies, ha mantenuto la valutazione “Underperform” sul titolo, affermando che
“il marchio sta perdendo slancio, soprattutto ora che la concorrenza si fa più intensa e Lululemon fatica a superare le aspettative, come era abituata a fare in passato.”
Reazione del mercato
La risposta del mercato non si è fatta attendere: nelle contrattazioni after-hours, il titolo LULU ha perso oltre il 22%, segnalando un netto disallineamento tra le aspettative degli investitori e la visione prospettica fornita dal management.
Lululemon resta un brand forte con una solida presenza globale e un buon posizionamento nei mercati in crescita come la Cina. Tuttavia, la pressione competitiva, l’impatto dei dazi e la frenata nei consumi negli Stati Uniti rappresentano delle incognite importanti. Monitoreremo attentamente i prossimi mesi e soprattutto i prossimi risultati trimestrali per capire se la paura nei confronti dei dazi sarà confermata oppure no. Seguiranno aggiornamenti.
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