La settimana borsistica che ci siamo appena lasciati alle spalle ha segnato l'ennesimo record a Wall Street, con l'indice
S&P 500 che ha superato per la prima volta nella sua storia i 6.120 punti. Gli investitori si sono scrollati di dosso tutte le preoccupazioni attinenti ai dazi che il presidente degli Stati Uniti
Donald Trump si appresta ad applicare e alla riunione della
Federal Reserve della prossima settimana.
Nel suo primo giorno alla Casa Bianca, Trump ha annunciato tariffe del 25% su Canada e Messico, ma per il momento ha risparmiato Cina ed Europa. Questo ha spinto gli investitori a pensare che al posto del bazooka minacciato in campagna elettorale avremo a che fare con tariffe più "soft". Inoltre, il mercato sembra aver apprezzato la volontà del tycoon di chiedere alla Fed di tagliare il costo del denaro.
Wall Street: due segnali su cui prestare attenzione
Ci sono però due elementi a Wall Street che inducono quantomeno a una riflessione: gli insider stanno vendendo le azioni e le società le stanno riacquistando. Secondo i dati riportati dal Washington Service, quest'anno fino al 22 gennaio, in 98 società almeno un insider ha acquistato le azioni dell'azienda in cui lavora, mentre in ben 447 si registra un insider che le ha vendute.
Questo rapporto acquisto-vendita di 0,22 è il più basso per il periodo dal 1988. Non è un dato da sottovalutare, visto che si tratta di un indicatore di sentiment degli addetti ai lavori. Per lo stesso lasso di tempo, i dati di Birinyi Associates mostrano che i riacquisti di azioni proprie sono al livello più forte dal 1999, con le aziende statunitensi che hanno annunciato oltre 48 miliardi di buyback.
Come vanno interpretati questi dati? Partiamo dagli insider. In linea di massima, quando avvengono principalmente vendite delle azioni della società per cui lavorano, non è un bel segnale per il mercato. In sostanza, potrebbe significare che proprio coloro che più da vicino hanno il polso della situazione di un'azienda non hanno fiducia nella stessa. Quindi perché dovrebbero averla gli altri?
Tuttavia, le vendite possono essere determinate da vari fattori, che non necessariamente riconducono alla convinzione nelle proprie azioni. Ad esempio, i dirigenti potrebbero aver stabilito dei piani programmati per liquidare le proprie quote, o semplicemente sono attratti dalla performance complessiva realizzata e intendono monetizzare, o potrebbero esserci ragioni personali.
Ciò non toglie che scatta automaticamente un segnale di allarme in questi casi. Soprattutto se, come afferma Mark Hackett, Chief market strategist di Nationwide, le vendite si sono concentrate nelle grandi aziende tecnologiche.
"Dopo un'enorme corsa di due anni nelle azioni, in particolare nell'area che ha visto la maggior parte delle vendite (degli insider a gennaio, ndr), è naturale vedere un'impennata delle vendite", ha detto Hackett. "È importante tenere d'occhio tutto questo, in quanto potrebbe indicare un calo della fiducia nel profilo di rischio/rendimento del gruppo di titoli con valutazioni elevate". L'esperto ha precisato però che non necessariamente ciò riflette una mancanza di fiducia, ma "potrebbe far parte della gestione del rischio".
Per quanto riguarda i riacquisti di azioni, solitamente gli investitori festeggiano quando un'azienda avvia piani di buyback, perché ciò fa aumentare l'utile per azione attraverso la riduzione dei titoli in circolazione. Tuttavia, secondo Matt Maley, Chief market strategist di Miller Tabak + Co., non si tratta sempre di un segnale positivo.
"Anche i riacquisti di azioni proprie possono essere ribassisti, sulla base della teoria secondo cui un management fiducioso preferirebbe in genere reinvestire nell'azienda e farla crescere piuttosto che restituire liquidità agli investitori". Su questo ci sarebbe molto da discutere, a differenza di quando un insider decide di vendere azioni, a giudizio di Maley. In quest'ultimo caso "raramente è un buon segno", ha chiosato.