Dividendi, buyback o reinvestimento utili? Ecco cosa conviene | Investire.biz

Dividendi, buyback o reinvestimento utili? Ecco cosa conviene

30 ott 2024 - 14:00

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Spesso un'azienda deve compiere delle scelte su come impiegare gli utili prodotti, ossia attraverso i dividendi, i buyback o il reinvestimento. Ecco le varie situazioni

Dividendi, buyback o reinvestimento utili? Questa è una delle questioni che spesso il management di un'azienda si trova ad affrontare quando la sua gestione produce profitti che generano liquidità. Fare buon uso della liquidità non è sempre un'operazione facile, perché ciò ha a che fare con i piani strategici dell'azienda e con il rischio che gli errori possano finire per annullare quanto di buono si è fatto per rendere il business redditizio.
 
È molto importante considerare anche in quale fase del suo ciclo di vita si trova un'azienda. Gli economisti distinguono quattro fasi.
  • La prima è quella iniziale, in cui vengono gettate le basi per la crescita attraverso gli investimenti. In questo stadio l'azienda è in perdita e il problema di come utilizzare i profitti non si pone.
  • La seconda fase è quella dello sviluppo e della crescita. L'azienda qui comincia a essere redditizia e i guadagni generati tende a reinvestirli per crescere ancora di più, magari attraverso la ricerca e lo sviluppo di prodotti innovativi.
  • La terza è quella della maturità, in cui la società ha raggiunto una condizione di stabilità e dove i profitti non crescono più allo stesso ritmo di prima. A questo punto il management deve decidere se restituire gli utili agli azionisti tramite dividendi e buyback oppure se continuare a reinvestire magari in altri business per diversificare il portafoglio e tentare altre forme di crescita.
  • La quarta fase è quella del declino, dove non c'è più crescita o essa è esigua. L'azienda in tal caso si trova di fronte a poche alternative e la soluzione più saggia probabilmente è quella di restituire quel poco generato agli azionisti.
 
Tuttavia, al di là dei discorsi generali, vanno fatte valutazioni più approfondite per capire se conviene di più prendere una strada o un'altra. Inoltre, ogni caso è a sé stante e diverge dall'altro in funzione del prodotto, del settore di appartenenza, della concorrenza, della storia e degli obiettivi aziendali. Per questo analizziamo le varie possibilità di utilizzo dell'utile creato, mettendo in evidenza gli aspetti favorevoli e quelli contrari.
 
 
Dividendi
 
I dividendi sono forse la soluzione più amata dalla gran parte degli azionisti. Una società che paga le cedole viene vista in buona salute, che presta particolare attenzione agli shareholders e in grado anche di crescere. Ci sono aziende che hanno un payout - quota degli utili che viene distribuita sotto forma di dividendi - molto alto, che può arrivare anche al 100%.
 
Possono essere varie le motivazioni per cui una società decide di destinare tutta la liquidità per remunerare gli azionisti. Una può essere la volontà di attirare nuovi investitori e far aumentare le quotazioni delle azioni. Una seconda può riguardare il fatto che l'azienda non crede più di poter crescere reinvestendo o considera rischioso il trattenimento del capitale. Infine, la società può attuare una strategia di copertura di alcune situazioni poco favorevoli, distraendo eventuali investitori.
 
Capita, anche se di rado, che qualcuna paghi più del 100% dell'utile prodotto, indebitandosi o aumentando il capitale. È inutile dire che questa formula risulta alquanto pericolosa perché nel primo caso aumenta l'indebitamento mettendo a rischio la solidità finanziaria e nel secondo diluisce la quota degli azionisti.
 
I dividendi hanno un vantaggio rispetto alle altre soluzioni dovuto ai flussi di cassa ricevuti dal proprietario delle azioni. Quest'ultimo infatti percepisce delle entrate regolari e tangibili, che rivestono una certa importanza sulla base di una programmazione delle spese. L'inconveniente dei dividendi è di natura fiscale. La cedola è assoggettata a un'imposizione che in Italia è del 26%. Ciò non avviene per il riacquisto di azioni proprie, ad esempio. 
 
 
Buyback
 
Un'altra possibilità di restituire denaro agli azionisti se l'azienda decide di non trattenere gli utili è quella del riacquisto di azioni proprie o buyback. Solitamente, quando la società fa questa operazione, poi distrugge i titoli riacquistati. In questo modo ogni azionista aumenta la sua quota di partecipazione nell'azienda e con essa l'utile per ogni azione detenuta.
 
Il buyback quindi non è un vantaggio diretto, nel senso che non arriva denaro immediato nelle tasche dell'azionista. Lo è però in maniera indiretta, attraverso cioè l'aumento del prezzo delle azioni. La società può decidere di affidarsi ai buyback anche per avere azioni da distribuire in seguito al management, ai dipendenti o agli stessi azionisti sotto forma di bonus o stock option. Come abbiamo visto, il riacquisto non è tassato e quindi ha una forma di efficienza fiscale rispetto ai dividendi.
 
 
Reinvestimento dell'utile
 
Sul reinvestimento dell'utile si apre un capitolo ampio, perché spesso è fondamentale affinché l'azienda prosegua il suo percorso di crescita ma a volte può rivelarsi un'arma a doppio taglio. Inoltre, non sempre gli azionisti percepiscono in maniera positiva la scelta di trattenere il capitale all'interno dell'azienda, perché non realizzano pienamente che ciò viene fatto nel loro interesse.
 
Quali possono essere le motivazioni che spingono un'azienda a reimpiegare i guadagni? Una è quella di aumentare il business attraverso più uffici, punti vendita, filiali, ecc. Perché questo è importante? Perché misura la presenza dell'impresa nel territorio. Se tale presenza è scarsa in alcune aree, ad esempio, i clienti vanno dalla concorrenza e ciò impatta negativamente sulle vendite e quindi sui profitti finali. Giocoforza, gli azionisti saranno svantaggiati qualora a un certo punto la società volesse restituire il denaro alla proprietà.
 
Un'altra motivazione è l'investimento in ricerca e sviluppo. Specialmente per le aziende tecnologiche questa sezione è essenziale al fine di rimanere competitive. Infatti nel settore tech sono poche le società che pagano dividendi, o se lo fanno, lo fanno con un payout molto contenuto.
 
Una terza ragione attiene alle operazioni di fusione e acquisizione. In sostanza, l'azienda ne acquista altre per irrobustire il business nel settore in cui opera attraverso l'integrazione di prodotti e attività, oppure per diversificare il business entrando in altri settori o comparti. Tutto ciò può funzionare fino a quando gli investimenti effettuati hanno un ritorno effettivo, altrimenti rischiano di assorbire denaro mettendo in crisi la solidità finanziaria del gruppo.
 
 

Dividendi, buyback e reinvestimento utili: cosa pensa Warren Buffett

La Berkshire Hathaway, il conglomerato finanziario gestito dal leggendario investitore Warren Buffett, non ha mai distribuito dividendi. Il motivo è che Buffett ha trovato sempre più conveniente utilizzare la grande liquidità creata acquistando partecipazioni di altre aziende. Quando ha deciso di restituire il denaro agli azionisti, Berkshire lo ha fatto attraverso i buyback per via di una maggiore efficienza fiscale.
 
Buffett però non è contrario al pagamento dei dividendi, tant'è che gradisce molto le aziende acquistate che pagano le cedole. Molte volte infatti ha comprato azioni privilegiate delle società nella fase iniziale dell'investimento, nell'attesa poi di convertirle in azioni ordinarie quando era sicuro della bontà della scelta.
 
Il 94enne miliardario ritiene che gli utili di un'azienda devano essere reinvestiti solo quando il ritorno del capitale è superiore rispetto a quello della media del settore. Inoltre, ogni dollaro trattenuto deve generare almeno un dollaro di valore di mercato. Se ciò non avviene, non ha senso lasciare gli utili in azienda ed è meglio restituirli agli azionisti. Ad ogni modo, il re del value investing ha sempre apprezzato quei manager che sanno resistere all'imperativo istituzionale di fare acquisizioni con il denaro generato a prescindere, perché quando ciò non si traduce in crescita effettiva può risultare deleterio per una società.
 
 
 
 

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