La scorsa settimana è stato un vero calvario per le Big Tech a Wall Street. Le vendite si sono abbattute furiosamente su tutto il listino, ma hanno colpito senza pietà i titoli che più degli altri hanno portato avanti il grande rally della Borsa americana negli ultimi due anni. Migliaia di miliardi di dollari sono andati in fumo dopo che il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha scioccato il mondo con i dazi più pesanti della storia americana.
Cina e Taiwan hanno subito un vero salasso, con
prelievi reciproci rispettivamente del 34% e del 32%. I due Paesi rappresentano un punto di riferimento essenziale per aziende come
Apple, Nvidia e Broadcom, per la fornitura dei componenti hardware, l'assemblaggio dei prodotti e la costruzione dei chip. Grazie alle esternalizzazioni, le Big Tech americane hanno potuto realizzare miliardi di profitti negli anni e gli investitori hanno premiato i titoli in Borsa. Smantellare questo sistema non può essere possibile senza mandare all'aria gran parte dei guadagni delle colonne portanti dell'economia a stelle e strisce.
Tuttavia, le aziende tecnologiche ora si trovano di fronte una scelta molto complicata: aumentare i prezzi per proteggere i profitti o assorbire i costi accettando una diminuzione dei guadagni. In entrambi i casi ci saranno delle controindicazioni. Alzando i prezzi, le aziende rischiano di veder crollare la domanda interna e quindi il fatturato. Tenendo gli stessi prezzi, rischiano di essere meno redditizie senza un aumento di volumi. Tale aumento sarebbe molto difficile in un momento in cui i consumatori sono sotto pressione. Nel probabile scenario negativo che si presenta, gli investitori non sono affatto contenti.
"Questo è davvero lo scenario peggiore per la tecnologia, e non credo che abbiamo visto la fine delle vendite delle azioni, dal momento che continueranno a soffrire fino a quando non avremo maggiore chiarezza o un cambiamento nella politica", ha detto Paul Stanley, Chief investment officer di Granite Bay Wealth Management.
Wall Street: ecco due problemi per le Big Tech con i dazi
Wall Street vede il tentativo di Trump di riportare la produzione negli Stati Uniti come un grande azzardo, perché in primis ciò sarebbe estremamente costoso e in secondo luogo richiederebbe molti anni per essere realizzato.
Secondo le stime di Dan Ives, analista di Wedbush, Apple, ad esempio, per spostare appena il 10% della sua catena di approvvigionamento dall'Asia agli Stati Uniti avrebbe bisogno di una spesa di 30 miliardi di dollari e una tempistica di tre anni. "Una tale mossa causerebbe gravi interruzioni e il prezzo degli iPhone prodotti negli Stati Uniti aumenterebbe notevolmente".
Attualmente, il margine di Apple di oltre il 30% sull'iPhone è determinato dal fatto che la manodopera e i componenti per realizzare il prodotto costano relativamente poco in Asia. Trasferire tutto in America significherebbe dover affrontare costi ben più pesanti.
In questo caos generale però c'è anche chi vede delle opportunità, se si ha un'ottica di lungo termine. "Si stanno creando significative sacche di opportunità", ha affermato Jason Britton, Chief investment officer di Reflection Asset Management, che ha acquistato il ribasso delle azioni. "Sto allocando denaro nelle aziende che mi piacevano. Se il tuo orizzonte d'investimento è più lungo di 12 mesi, e se ieri valutavi delle società solide, dovresti acquistarle oggi".