Chi ha puntato contro le azioni americane a Wall Street basandosi sulla loro elevata valutazione, quest'anno ha portato a casa una sonora sconfitta. Da molto tempo gli scettici prefigurano un
grande crollo della Borsa americana in stile dot-com proprio per effetto dei multipli a livelli più alti rispetto al loro andamento storico. Stavolta sarà la bolla dell'intelligenza artificiale - esattamente come 25 anni fa fu quella di Internet - a scatenare l'inferno, secondo i profeti del crollo. Tuttavia, ciò non si è avverato. Almeno finora.
Senza stare a disquisire sulle ragioni per cui la situazione di oggi potrebbe essere molto diversa da quella di allora, un fatto sta emergendo in tutta la sua evidenza: il multiplo per eccellenza, ossia il price/earnings (P/E), dell'S&P 500 sembra aver trovato un equilibrio a un livello ben più alto se paragonato a quello del passato.
Secondo un'analisi di James Paulsen, ex capo strategist di The Leuthold Group, ormai in pensione, il rapporto prezzo/utili medio è rimasto in un intervallo ristretto tra 13,5 e 15,5 dal 1900 alla metà degli anni '90.
Da quel momento è stato in media di circa 14 per 30 anni, ma oggi viaggia a circa 19,5. Sembra dunque che il mercato abbia ormai accettato azioni perennemente più costose. "C'è qualcosa di strano che sta succedendo con le valutazioni rispetto a quelle di una volta, ovvero c'è una tendenza al rialzo nell'intervallo di valutazione", ha detto Paulsen.
Wall Street: perché il P/E è aumentato nel tempo
Ma come può essere giustificato un P/E più elevato rispetto a soli trent'anni fa? Paulsen cita diverse ragioni. In primo luogo, una diminuzione della frequenza delle recessioni negli Stati Uniti. Se prima della seconda guerra mondiale tale frequenza era del 42%, negli ultimi tre decenni è scivolata a solo il 10%.
In secondo luogo, gli Usa non sono più un'economia industriale, ma sono diventati un'economia tecnologica e dei servizi. Notoriamente le azioni appartenenti a questi settori richiedono valutazioni più elevate.
Terzo, è aumentato il trading elettronico grazie anche alla maggiore liquidità del mercato, il che ha visto una più consistente partecipazione di investitori nazionali e internazionali. Quarto, i profitti per posti di lavoro delle aziende sono cresciuti nel tempo, creando una tendenza permanente al rialzo delle valutazioni. Infine, c'è stata un'accelerazione dei cicli di innovazione nelle aziende.
Anche gli strategist di Bank of American hanno provato a spiegare perché i multipli sono oggi costantemente più alti. Gli esperti attribuiscono tutto ciò alle caratteristiche intrinseche delle società facenti parte dell'indice S&P 500. Tali caratteristiche possono racchiudersi in minore indebitamento, volatilità più contenuta dei guadagni, maggiore efficienza operativa e margini più stabili in confronto al passato.
"L'indice è cambiato in modo significativo rispetto agli anni '80, '90 e 2000", ha scritto Savita Subramanian, responsabile della strategia azionaria e quantitativa di BofA, in una nota ai clienti la scorsa settimana, aggiungendo che "forse dovremmo ancorarci ai multipli di oggi come alla nuova normalità piuttosto che aspettarci un ritorno a un'epoca passata".
Secondo Jonathan Golub, chief equity strategist di Seaport Research Partners, tra i motivi di questa variazione vi è il fatto che i tassi di interesse più alti negli anni '70 e '80 spingevano verso l'alto il costo del capitale e ciò comprometteva la capacità delle aziende dal punto di vista operativo e degli investimenti.
A suo avviso, qualora il costo del denaro dovesse salire ai livelli di allora, i multipli potrebbero tornare a quelle medie. Tuttavia, Golub ritiene che si tratta di un'ipotesi molto remota. "Non credo che ci troviamo in una situazione in cui c'è una persistente deriva verso l'alto dei multipli, penso che abbiamo avuto un riassestamento a un livello più alto", ha detto.