I grandi titoli tecnologici hanno ottenuto quest'anno a Wall Street dei guadagni non in linea con ciò a cui gli investitori erano abituati, soprattutto se si rapporta tutto all'andamento dell'S&P 500.
Le performance stellari degli anni passi avevano forse fatto pensare che il rally potesse essere illimitato, ma poi è arrivata una normale battuta d'arresto, resa ancor più evidente dal fatto che sui mercati si addensavano nubi di natura inflazionistica, foriere di aumenti dei tassi.
Ad ogni modo, il gruppo che comprende Facebook, Apple, Amazon, Netflix, Google e Microsoft non si è sfracellato, come è successo ad altri titoli legati alla crescita. Semplicemente ha ceduto il passo in via temporanea ai titoli value che sono maggiormente correlati con il ciclo economico e che giocoforza hanno sovraperformato gli indici azionari.
Big Tech: ecco perché le azioni ora sono da comprare
Questa pausa che ha interessato i Big Tech della Borsa di New York ha certamente indotto a una riflessione, considerando i fondamentali delle aziende e soprattutto le valutazioni di mercato. Effettivamente prezzi come quelli di Amazon sono eccessivi e hanno frenato quegli investitori che hanno ritenuto per questo motivo le azioni poco accessibili. A tal riguardo si è vociferato che l'e-commerce di Jeff Bezos potrebbe optare prima della fine dell'anno per una frammentazione delle azioni, così come è capitato l'anno scorso a Tesla ed Apple.
Con la correzione del 2021, comunque, il problema dell'esosità dei titoli tech rispetto alla crescita attesa degli utili è venuta meno. Ad oggi il Price/Earnings medio delle società suddette è meno di 30 punti, superiore a quello medio dell'indice S&P 500 che è di 21,5 volte, ma di molto inferiore in rapporto allo stesso listino rispetto al passato. Questo vorrebbe dire che le azioni dei Big Tech oggi sono più a buon mercato e potrebbe essere giunta l'ora di approfittarne.
In aggiunta a tutto questo c'è da considerare che le indicazioni date dalle società sulla crescita degli utili sono molto invitanti. Ad esempio Facebook dovrebbe realizzare guadagni nel 2022 del 17%, mentre Amazon raggiungerebbe addirittura performance del 30%. Ciò rende più evidente il vantaggio se lo si raffronta al 12% che è previsto in media per le aziende che compongono il principale indice americano.
Big Tech: la pressione delle Autorità Antitrust
In questo momento forse l'unica variabile impazzita per i colossi statunitensi legati alla tecnologia potrebbe essere rappresentata dalle diatribe con le Autorità di regolamentazione della concorrenza. Negli ultimi anni i Big Tech sono stati osservati speciali dalle Authority di tutto il mondo e spesso si sono dovuti imbattere in cause anche parecchio dispendiose.
Le più recenti in ordine temporale sono state quelle di Amazon e Facebook. Il gruppo di Seattle è stato chiamato in causa ieri dal Distretto di Columbia con l'accusa di impedire ai venditori, che postano i loro prodotti sulla piattaforma Amazon, di effettuare offerte a prezzi più bassi da altre parti, recando un grave pregiudizio ai consumatori.
Il social fondato da Mark Zuckenberg invece se la dovrà probabilmente vedere con la Commissione Europea, la quale aprirebbe un'indagine sulle pratiche anticoncorrenziali di Menlo Park in relazione alla gratuità degli annunci economici sul suo Marketplace. Se l'inchiesta dell'UE verrà formalizzata, la vicenda avrebbe una cerca ridondanza in quanto Facebook è per il momento l'unica grande azienda USA a essere sfuggita da un'indagine ufficiale avviata dall'Europa, a differenza di Microsoft, Amazon, Apple e Google.
In definitiva, qualche riverbero sulle quotazioni azionarie il pressing degli enti regolatori potrebbe averlo, ma se il trend dovesse riprendere con lo stesso ritmo di quello prima dell'interruzione post-pandemica, difficilmente le azioni ne risentirebbero più di tanto.