Lo scontro tra Donald Trump e il nuovo CEO di Intel, Lip-Bu Tan, non è solo una questione politica: rappresenta un banco di prova per il futuro della produzione di semiconduttori negli Stati Uniti. Tan, alla guida dell’azienda da marzo 2025, si trova nel mirino della Casa Bianca dopo le accuse mosse da Tom Cotton.
Il senatore repubblicano ha sollevato preoccupazioni di Tan in decine di società cinesi, alcune con legami con l’esercito di Pechino. Trump ha chiesto apertamente le dimissioni del CEO di Intel, definendolo “altamente in conflitto” e sottolineando la necessità di tutelare la sicurezza nazionale.
Intel e la sfida industriale americana
Intel rappresenta ancora uno dei pochi produttori di chip avanzati con fabbriche sul suolo americano, in un contesto dominato dalla taiwanese TSMC. Negli ultimi anni, però, la società ha perso terreno competitivo, accumulando ritardi tecnologici e scivolando in borsa (-43% negli ultimi due anni).
Una delle questioni più delicate è il futuro del progetto in Ohio, annunciato nel 2022 con un investimento iniziale di 28 miliardi di dollari e parte di un piano da 100 miliardi per espandere la produzione USA.
I lavori, sostenuti anche dai fondi del Chips and Science Act (7,86 miliardi di dollari) voluto da Joe Biden e da contratti con il Dipartimento della Difesa, sono già slittati al 2030-2031 e potrebbero subire ulteriori ridimensionamenti se non verranno trovati clienti per le prossime generazioni di chip.
Le accuse e il passato controverso
La controversia non si limita ai piani industriali. Oltre alle sue attività tramite il fondo Walden International, che in passato ha investito in SMIC e Huawei, Tan è stato CEO di Cadence Design Systems durante un periodo in cui l’azienda ha violato controlli all’export vendendo tecnologia a un’università militare cinese. Reato per cui Cadence ha recentemente patteggiato con le autorità USA. Tan, però, ha respinto ogni accusa, parlando di “disinformazione” e rivendicando una carriera di oltre 40 anni condotta nel rispetto delle leggi.
Strategie divergenti e visioni opposte
Sul fronte strategico, Tan sembra credere fortemente nella divisione foundry, al contrario di altre figure influenti in Intel che vedrebbero meglio una sua dismissione.
La visione del CEO punta a mantenere un ruolo di “asset di sicurezza nazionale”, con possibili partnership e investimenti sovrani per rilanciare la leadership USA nei semiconduttori.
Ma Trump, che predilige “aziende vincenti”, potrebbe considerare i recenti insuccessi di Intel un ostacolo politico, soprattutto se l’azienda dovesse ridurre la propria presenza produttiva interna.
Il destino di Tan e il futuro industriale di Intel restano incerti. La posta in gioco, però, va oltre la leadership aziendale: riguarda la capacità degli Stati Uniti di mantenere un’autonomia strategica in un settore chiave come quello dei semiconduttori, in un momento in cui la rivalità con la Cina è più accesa che mai.