Nel mondo della finanza, soprattutto tra i neofiti, è comune la convinzione che nel mercato delle IPO (Initial Public Offering) sia possibile guadagnare un sacco di soldi fin dal primo giorno di quotazione. Tale convinzione era particolarmente diffusa durante il periodo della
bolla delle dot-com alla fine dello scorso millennio.
All'epoca ci fu un autentico boom delle offerte pubbliche iniziali, con alcune società debuttanti che videro il loro valore di mercato schizzare in alto di due, tre e addirittura fino a sette volte il prezzo IPO già all'apertura delle contrattazioni. Giocoforza, era facile credere che salire a bordo delle IPO fosse la via più semplice per raggiungere la ricchezza nei mercati azionari. Ma è proprio così?
IPO: tutti i pericoli nascosti
Molti esperti di mercato sconsigliano vivamente di acquistare azioni nelle IPO, in quanto la storia dimostra come il più delle volte l'operazione risulti fallimentare. Storicamente, dopo cinque anni dalla loro quotazione, le statistiche dicono che le IPO hanno fatto peggio del mercato. Anche se inizialmente, sull'onda dell'entusiasmo, un titolo può ottenere dei buoni guadagni, dopo circa sei mesi spesso comincia ad andare male.
Una delle ragioni principali sta nel periodo di lock-up. In pratica, per sei mesi è fatto divieto dai regolamenti dell'offerta agli addetti ai lavori di vendere le azioni in proprio possesso. Trascorso quel tempo, gli insider cercano di monetizzare, liquidando i titoli sul mercato precedentemente bloccati, con il risultato che le azioni crollano.
A questo punto verrebbe da dire: ma perché allora non si acquistano le azioni nella fase di collocamento dell'IPO, prima cioè che arrivino sul mercato?
Posto sempre che i prezzi non crollino subito in apertura già il primo giorno di contrattazione rispetto al prezzo di aggiudicazione, il punto è che le IPO più interessanti sono monopolizzate dagli investitori istituzionali e dai migliori clienti degli intermediari che si occupano del collocamento.
In pratica, le banche offriranno le azioni ai piccoli investitori solo dopo averle vendute ai migliori clienti. Quindi, le partecipazioni che i piccoli investitori riescono a ottenere durante il collocamento risultano le meno attraenti, ossia riferite alle IPO che non hanno riscosso una completa vendita ai migliori investitori. In definitiva, con le IPO o si finisce per entrare a mercato nel momento sbagliato oppure nel momento giusto ma per le offerte sbagliate.
Come difendersi?
Chiaramente sono stati numerosi i casi di IPO di straordinario successo che negli anni hanno realizzato performance straordinarie. Ciò non esclude, anzi rafforza, il concetto che bisogna prestare attenzione ad alcuni criteri da adottare prima di avventurarsi nel mercato delle IPO.
Prima di tutto bisogna analizzare attentamente la società che sta per diventare pubblica partendo dai dati esposti nel prospetto informativo dell'offerta. Gli investitori sono spesso affascinati dalle startup tecnologiche, ma queste spesso vendono un sogno e una speranza non supportati da fondamentali solidi.
In tale contesto, è importante scoprire se fino a quel momento l'azienda sia stata redditizia oppure abbia accumulato perdite senza dare chiari segnali di svolta.
Un altro aspetto importante da non sottovalutare assolutamente è l'eccesso di pomposità nella pubblicizzazione dell'IPO. C'è un vecchio detto che recita: "Se una cosa è troppo bella per essere vera, è semplicemente troppo bella per essere vera". In finanza, non si fa eccezione.
Quando chi deve piazzare un'offerta usa titoli esagerati descrivendo opportunità gigantesche di guadagno in poco tempo, bisogna drizzare le antenne. Non è affatto escluso che dietro ci sia il tentativo di sbarazzarsi di qualcosa che si sa non avere grande valore.
In terzo luogo, non bisogna dimenticare mai le statistiche relative ai rendimenti delle IPO, ma soprattutto quanto accaduto in alcuni periodi storici del passato.
La bolla di Internet è stata l'esempio più eclatante, in quanto le aziende quotate in Borsa si susseguivano a un ritmo frenetico. Si sa come è andata a finire, con la gran parte di esse che polverizzarono il loro valore una volta scoppia la bolla.