La fase attuale che stiamo vivendo sui mercati finanziari ha quanto mai acceso il dibattito sulle scelte degli investitori riguardo due categorie di azioni: i titoli value e i titoli growth. Durante tutto il periodo pandemico abbiamo assistito a una presa di posizione netta: sono state premiate quelle società che hanno avuto un rapporto più diretto con le limitazioni delle persone. Quindi, con le saracinesche abbassate e le quarantene forzate, si è privilegiato maggiormente tutto ciò che gravita online o comunque in virtuale.
Di conseguenza le aziende tecnologiche hanno guidato i rialzi nei mercati azionari, a scapito di quei titoli che rappresentavano società penalizzate dalla pandemia. Tra queste ultime vanno annoverate le aziende il cui business richiede un contatto fisico o uno spostamento.
Con l'arrivo dei vaccini, lo scenario è cambiato. Si è intravista la ripresa e tutto si è riflesso nelle aspettative inflazionistiche, le quali hanno spinto in alto i rendimenti obbligazionari. A questo punto, con tassi più alti, i titoli growth hanno cominciato a soffrire e gli investitori si sono dirottati verso le azioni più strettamente legate al rimbalzo economico.
Investimenti: perché preferire le azioni value a quelle growth
Un quadro capovolto di questa portata è destinato a durare? Marko Kolanovic, Chief Strategist dei mercati globali di JP Morgan Chase & Co, ne è pienamente convinto. A suo giudizio, la ripresa economica sarà guidata dai seguenti fattori: la pandemia che via via si farà meno intensa, la volatilità in calo e l'appoggio deciso di Governi e Banche centrali che non faranno passi indietro circa una politica fiscale e monetaria ampiamente accomodante.
Tutto ciò potrebbe portare a una svolta decisiva, con gli investitori che nel lungo termine sposterebbero il capitale verso azioni cicliche e che beneficiano degli effetti della reflazione. Ad ogni modo l'impatto dei rendimenti dei Treasury USA sarà decisivo nel creare un'onda d'urto a favore dei titoli value quando il tasso del decennale raggiungerà il 2,5%.
A quel punto la Federal Reserve non potrà rimanere inerte di fronte allo stato delle cose. Kolanovic ritiene anche che nella prima parte dell'anno Wall Street avrà il ruolo da protagonista nel panorama dei mercati mondiali, in quanto l'America si trova in una posizione di vantaggio rispetto agli altri in rapporto al Covid-19. Tuttavia, nel secondo semestre la Borsa di New York potrebbe perdere la leadership a favore di Europa, Giappone e Paesi emergenti che in questo momento sono in ritardo.
S&P 500: le previsioni degli analisti
Ad ogni modo JP Morgan è tra le banche d'affari più ottimiste quanto ai listini americani. L'istituto prevede che l'indice S&P 500 arriverà a 4.000 punti prima della chiusura del 2021. Molto più contenute le valutazioni di Bank of America, la quale scommette su un ritorno dell'indice a 3.800. In una nota di aprile il team degli analisti ha avvertito di ritorni anemici delle quotazioni azionarie nei prossimi mesi.
Dello stesso avviso gli osservatori di Citigroup che si allineano a quelli di BofA riguardo il target del principale indice americano. A loro parere vi saranno 2 aspetti negativi che prenderanno sempre più forma e che condizioneranno i corsi delle azioni: i multipli attualmente a livelli elevati e la Federal Reserve che prima dell'arrivo del 2022 ridurrà gradualmente gli stimoli monetari.