La risalita del costo del denaro ha fatto bene ai conti di Intesa Sanpaolo permettendole di chiudere il terzo trimestre con un utile netto maggiore del previsto e di confermare la view sull’intero anno. Inoltre, dalla trimestrale emerge la forte riduzione dell’esposizione alla Russia.
In corrispondenza del giro di boa, il paniere principale di Piazza Affari, il Ftse Mib, passa di mano a 22.977,14 punti, +1,19% rispetto al dato precedente, mentre il titolo della banca guidata da Carlo Messina segna un incremento di un punto e mezzo percentuale a 1,999 euro.
La trimestrale di Intesa Sanpaolo
Nei primi nove mesi del 2022, Intesa Sanpaolo ha registrato un utile netto che, trainato dagli interessi netti, ha raggiunto i 4,4 miliardi di euro escludendo il de-risking riguardante la Russia. Questo perché nel terzo trimestre 2022 l’esposizione nei confronti del Paese degli Zar è stata ridotta di circa il 65% (2,3 miliardi di euro), scesa allo 0,3% dei crediti a clientela complessivi del Gruppo. Al 30 settembre, l’utile netto contabile si è attestato a 3.284 milioni di euro.
Nei tre mesi tra luglio e settembre l’utile netto di Intesa Sanpaolo si è attestato a 930 milioni di euro, che si confronta con i 1.330 milioni del secondo trimestre 2022 ed i 983 milioni di 12 mesi prima. Gli analisti avevano stimato un’ultima riga di conto economico a 821 milioni di euro.
Il fatturato trimestrale ha totalizzato 5,015 miliardi, -6,4% rispetto al Q2, mentre gli interessi netti sono saliti del 14,1% a 2,387 miliardi (+19,4% a/a) e le commissioni nette hanno evidenziato un -4,5% a 2,153 miliardi.
Al 30 settembre, il Common Equity Tier 1 ratio calcolato applicando i criteri transitori in vigore per il 2022 è risultato pari al 12,6% mentre il Common Equity Tier 1 ratio a regime al 12,4%.
Via libera alla distribuzione del dividendo
Per quanto riguarda il processo di “deleveraging”, lo stock di crediti deteriorati tra gennaio e settembre è stato ridotto di 3,9 miliardi, riducendo l’incidenza dei crediti deteriorati al netto delle rettifiche sui crediti complessivi all’1%. Il livello di copertura specifica dei crediti deteriorati a fine settembre si attestava al 46,9% e la copertura specifica della componente costituita dalle sofferenze al 65,8%.
Dal fronte riduzione dei costi, Intesa Sanpaolo ha annunciato l’avvio della nuova Banca Digitale, Isybank, e la contestuale chiusura di 500 filiali tra il quarto trimestre 2021 e i primi nove mesi 2022, la prosecuzione del processo di razionalizzazione del patrimonio immobiliare in Italia e 1.950 uscite volontarie.
Il Cda ha deliberato la distribuzione di 7,38 centesimi di euro per azione (1,4 miliardi complessivi) come acconto dividendi a valere sui risultati del 2022, “non sussistendo controindicazioni derivanti dai risultati prevedibili per il quarto trimestre 2022 né raccomandazioni dei regolatori in merito ai requisiti patrimoniali applicabili a Intesa Sanpaolo che ostino a tale distribuzione, anche in considerazione dei coefficienti patrimoniali ampiamente superiori ai requisiti minimi stabiliti dalle normative”.
“La decisione in merito al buyback per il restante ammontare di 1,7 miliardi di euro autorizzato dalla BCE verrà assunta entro l’approvazione dei risultati al 31 dicembre 2022”.
Intesa Sanpaolo: stima utile 2022 confermata sopra 4 miliardi
Sull’intero anno, l’utile netto è visto sopra quota 4 miliardi di euro a seguito della riduzione dell’esposizione verso la Russia e della forte performance operativa del terzo trimestre, nonostante il peggioramento nell’offerta di materie prime e energia. In precedenza, il gruppo stimava un risultato sopra ai 4 miliardi solo “assumendo che non intervengano cambiamenti critici nell’offerta di materie prime/energia”.
A livello patrimoniale, l’obiettivo di Common Equity Tier 1 ratio fully phased-in è fissato sopra quota 12%.
Le iniziative industriali del Piano di Impresa 2022-2025 sono, riporta il comunicato dell’istituto, “ben avviate ed è confermato l’obiettivo di 6,5 miliardi di euro di utile netto nel 2025, con un chiaro e forte rialzo derivante dall’aumento dei tassi di interesse (crescita di circa 2 miliardi di euro su base annua degli interessi netti assumendo il tasso Euribor a 1 mese in media d’anno pari al 2%)”.