Mario Draghi è pronto ad abbandonare il progetto rete unica sotto il controllo di Telecom Italia per aumentare la concorrenza nella digitalizzazione del Paese. L'indiscrezione, rilanciata da Bloomberg e anche da La Repubblica, sta affossando il titolo TIM a Piazza Affari, con un -5,66% a 0,42 euro dopo essere stato ripetutamente sospeso al ribasso. Vediamo i dettagli.
Governo Draghi pronto ad abbandonare rete unica
Il premier Mario Draghi nel PNRR per ricevere i 221 miliardi dall’UE spettanti all’Italia, ha omesso un aspetto che nell’ex governo Conte pareva di massima importanza: non c’è più traccia della rete unica nella formula specifica di AccessCo, il progetto definito da Tim e CDP ad agosto dello scorso anno e che prevede la fusione fra la rete della compagnia telefonica, FiberCop e Open Fiber, ora a maggioranza Cassa Depositi e Prestiti.
La proposta di Telecom Italia avrebbe mantenuto il nuovo operatore combinato sotto il controllo dell'ex monopolista. Secondo Bloomberg, il governo Draghi è intenzionato a fermare qualsiasi progetto in tal senso, invertendo di fatto due decenni di deregolamentazione che avrebbero permesso alla società guidata da Luigi Gubitosi di prevalere su qualsiasi altro competitor, anche se sotto il controllo dello Stato.
Nel PNRR si parlerebbe di "reti", al plurale, senza alcun riferimento in maniera univoca alla famosa rete unica che sarebbe dovuta nascere dall’unione tra Open Fiber e la rete di TIM. La Repubblica cita pagina 98 del piano: "L’intervento del Pnrr si colloca nel solco degli sfidanti obiettivi definiti in sede europea e nella consapevolezza che le reti a banda larga ultraveloce sono una General Purpose Technology", sottolineando come il plurale "reti" e il riferimento agli obiettivi "definiti in sede europea" non siano un caso.
Il progetto che avrebbe creato una rete unica a maggioranza TIM, gruppo in cui i primi azionisti sono i francesi di Vivendi, aveva già destato parecchie perplessità. Già a metà marzo il ministro dello Sviluppo economico, Giancarlo Giorgetti, aveva auspicato una “rete unica a controllo pubblico”, per evitare di ricreare “un monopolio privato e tanto meno un monopolio privato in mano straniera”, con evidente riferimento a TIM.
Lo stesso Vittorio Colao, ministro dell'Innovazione, aveva anticipato a Repubblica che il governo si stava impegnando a garantire “equità di accesso alle connessioni Internet veloci e una aperta e corretta concorrenza". La sua posizione era stata chiara: lo Stato dovrebbe essere “un arbitro piuttosto che un giocatore" nel processo di digitalizzazione. Proprio questa logica sarebbe stata alla base di questa decisione, fortemente sollecitata da Bruxelles.
No a rete unica, cosa potrebbe succedere ora?
La svolta cambia lo scenario non solo per Telecom Italia, ma anche per gli altri operatori e anche per Open Fiber, la joint venture tra ENEL e CDP, che proprio nei giorni scorsi ha acquisito un ulteriore 10%. Secondo l'indiscrezione, la soluzione per la digitalizzazione del Paese passerebbe nell'offrire ai consumatori almeno due reti nelle aree più abitate e una nelle zone rurali.
Il governo potrebbe promuovere progetti di investimento basandosi non solo su fibra ma anche su servizi mobili di ultima generazione come il 5G. Ora si attende che il governo Draghi faccia chiarezza sui questo punto anche se in prima battuta ha deciso di non commentare.