Questa prima parte del 2022 si è rivelata un disastro per i titoli tecnologici. Il primo trimestre è stato condizionato dallo scoppio della guerra Russia-Ucraina che ha trasmesso incertezza ai mercati finanziari, colpendo in maniera particolare le attività a rischio. Nel periodo che si è chiuso al 31 marzo l'ampio indice S&P 500, dove la presenza di azioni tech è cospicua, è sceso del 5%.
La situazione però è peggiorata nel trimestre che si è appena chiuso, dove
è scesa in campo pesantemente la Federal Reserve ad alzare i tassi d'interesse nel tentativo di far da diga a un'inflazione prorompente. La Banca Centrale americana ha effettuato una stretta di mezzo punto percentuale nel mese di maggio, dopo quella di un quarto di punto a marzo. Ma poi ha calato l'artiglieria pesante stringendo dello 0,75% nell'ultima riunione di giugno, come non faceva dal 1994.
Tutto ciò è stato un colpo letale per la tecnologia, che soffre maledettamente una condizione di tassi alti sui mercati in quanto vede i propri investimenti diventare più onerosi in termini di finanziamento e di flussi attualizzati. Così, nel secondo trimestre l'S&P 500 ha ceduto il 16% e ancora peggio ha fatto il NASDAQ, indice concentrato esclusivamente su tecnologia e innovazione, che è scivolato del 22%.
Big tech: i motivi del crollo
Entrando nello specifico delle grandi società tecnologiche che hanno bruciato miliardi di capitalizzazione, emerge la situazione di Tesla. Il produttore di auto elettriche ha subito il più grande calo trimestrale da quando è diventato pubblico nel 2010, con una perdita di circa il 38%. A incidere sull'andamento delle azioni di Palo Alto vi sono stati anche altri fattori di carattere generico come la crisi degli approvvigionamenti e l'aumento del costo delle materie prime e dei componenti che hanno messo sotto pressione i margini aziendali.
Oltre a questo, vi sono anche elementi specifici come la
maxi-offerta di 44 miliardi di dollari che l'Amministratore Delegato Elon Musk ha fatto per l'acquisizione di Twitter, che ha generato negli investitori il timore che il miliardario imprenditore potesse vendere azioni Tesla per finanziare l'operazione. Non di meno è stata pesante la situazione Covid-19 in Cina, con il Governo che ha imposto blocchi e chiusure
frenando la produzione industriale nella fabbrica di Shanghai, che per Tesla risulta di vitale importanza.
Un altro colosso tecnologico che ha attraversato un calvario in questi ultimi tre mesi è stato Amazon, le cui azioni sono scese del 35%, come mai avvenuto dal 2001. Il rallentamento dell'e-commerce dovuto alla ripresa post-pandemica ha giocato un ruolo importante, impattando su ricavi e utili che si sono rivelati inferiori rispetto alle stime di Wall Street. A creare turbolenza è stata anche la dichiarazione di inizio mese della società relativa alle possibili dimissioni di Dave Clark, CEO del business consumer.
Meta Platform è sprofondato del 27% nell'ultimo trimestre, che si aggiunge al calo di circa il 34% dei primi tre mesi dell'anno quando l'azienda durante la chiamata agli utili ha lanciato un vero allarme sugli utenti giornalieri, scesi per la prima volta su base trimestrale e fomentando prospettive fosche per il futuro.
Apple ha perso quasi il 22% da aprile a giugno, registrando
il peggiore risultato dal quarto trimestre del 2018. A inasprire il sentiment dei trader verso le azioni è stata la guidance poco soddisfacente rilasciata da Cupertino durante la pubblicazione dei conti trimestrali. Anche Microsoft è diminuito parecchio a Wall Street in quest'ultimo quarto dell'anno, con una performance negativa del 17%, la
peggiore dal secondo trimestre del 2010. A pesare è stata anche
l'acquisizione quest'anno del colosso dei videogiochi Activision Blizzard, dopo che la Federal Trade Commission ha richiesto una due diligence più accurata del previsto.