Il 1° ottobre entreranno in vigore i dazi USA del 100% su tutti i farmaci di marca e brevettati importati, esclusi quelli prodotti da aziende che dimostreranno investimenti diretti in stabilimenti americani. A dare l’annuncio è stato il presidente Donald Trump, in una strategia pensata per rafforzare la sovranità produttiva e tutelare la salute pubblica nazionale.
Dazi USA su settore farmaceutico: la situazione in Europa
La notizia ha generato reazioni contrastanti: sulle Borse asiatiche alcuni titoli sono arrivati a perdere oltre il 5% mentre l’Europa – dopo i primi scossoni – ha reagito con maggiore compostezza. Il motivo? Le principali multi-nazionali europee, da Roche a Novartis, passando per AstraZeneca e Sanofi, avevano già preso posizione nei mesi scorsi, varando maxi-investimenti per potenziare la presenza industriale negli Stati Uniti:
- Roche ha annunciato lo sviluppo di un nuovo impianto in Carolina del Nord e un piano da 50 miliardi di dollari per espandere ricerca e produzione negli USA, con l’obiettivo di creare oltre 12.000 posti di lavoro e rafforzare la leadership nell’innovazione.
- AstraZeneca ha annunciato investimenti per 50 miliardi entro il 2030: “siamo un’azienda globale, ma con radici profonde negli Stati Uniti” ha sottolineato Pascal Soriot, CEO del gruppo.
- Novartis prevede di destinare 23 miliardi di dollari nei prossimi cinque anni a nuovi siti di produzione localizzati negli Stati Uniti.
- Sanofi ha impianti a Framingham e Waltham (entrambi in Massachusetts) e sta costruendo una nuova struttura per la produzione di vaccini influenzali pandemici a Swiftwater (Pennsylvania). La casa francese ha annunciato che investirà almeno 20 miliardi di dollari negli USA entro il 2030 per potenziare la manifattura e la ricerca & sviluppo.
- Già presente a West Lebanon (New Hampshire) ed a Clayton (North Carolina), Novo Nordisk a giugno 2024 ha annunciato un investimento di 4,1 miliardi di dollari per costruire un nuovo impianto a Clayton destinato al “fill-and-finish” (riempimento, confezionamento) di siringhe e penne iniettabili. La struttura dovrebbe essere completata tra 2027 e 2029.
- Nella lista delle società che finiranno per essere esentate troviamo anche la nostra Diasorin, grazie alla strategia “local for local” (che prevede di concentrare capacità produttiva, logistica e commerciale direttamente nei territori in cui opera). Negli Stati Uniti, Diasorin sta ampliando la capacità produttiva degli stabilimenti di Stillwater (Minnesota) e Cypress (California). Il “local for local” permette a Diasorin di realizzare l'85% dei prodotti destinati al mercato americano all’interno dei confini statunitensi.
Europa tranquilla, Asia un po' meno
Fondamentale, in questa partita, il ruolo del recente accordo commerciale fra UE e USA. Al di là degli investimenti Oltreoceano, Bruxelles ha negoziato un tetto massimo del 15% sui dazi per le esportazioni europee di farmaci, blindando l’area comunitaria contro i rischi di escalation protezionista che coinvolgono invece altri grandi esportatori globali. “Questo limite rappresenta una polizza assicurativa per gli operatori europei. La UE è oggi l’unico partner ad aver ottenuto questa tutela dagli Stati Uniti”, ha dichiarato un portavoce della Commissione.
Gli analisti di JP Morgan condividono una lettura prudente, stimando che “il potenziale dazio del 100% sarà ampiamente aggirabile con una strategia di rilocalizzazione produttiva negli USA”. Se in Europa la situazione non desta eccessive preoccupazioni, sul versante asiatico le reazioni sono state più eterogenee.
I titoli regionali hanno subito i contraccolpi più violenti: le farmaceutiche asiatiche costituiscono il 20% delle importazioni americane in valore, con impatti immediati sui prezzi e la competitività. Tuttavia, le prospettive rimangono variabili: secondo Louise Loo, capo economista di Oxford Economics, “molte aziende asiatiche potrebbero ottenere deroghe o limitazioni, soprattutto per i portafogli generici e nei Paesi protetti da accordi commerciali come Giappone e Corea”. Singapore, invece, più esposta sui farmaci ad alto valore e brevetto, rischia di essere penalizzata, salvo investimenti diretti in impianti statunitensi.
La situazione rimane in evoluzione anche per i colossi cinesi: Pechino osserva ma si prepara a reagire con una strategia di diversificazione delle esportazioni e di negoziato bilaterale, mentre l’India potrebbe paradossalmente uscire indenne grazie alla prevalenza di prodotti generici.