Le azioni tech sono in difficoltà a Wall Street. Dopo aver guidato lo straordinario rally pluriennale della Borsa americana, ora stanno invece trascinando il mercato verso una fase di correzione. L’intensità di quest’ultima dipenderà probabilmente dai risultati trimestrali di Nvidia attesi per questa sera, che potranno indicare se il boom dell’intelligenza artificiale continuerà a espandersi o inizierà a raffreddarsi.
Proprio l’AI rappresenta oggi la principale preoccupazione degli investitori, soprattutto per via delle enormi spese che le grandi aziende tecnologiche stanno sostenendo per data center e infrastrutture correlate.
Questo sta inducendo molti operatori a vendere titoli tecnologici. Alcuni importanti hedge fund, come Thiel Macro di Peter Thiel (Peter Thiel, fondatore di Palantir, vende azioni Nvidia: ecco perché) e lo Scion Asset Management di Michael Burry (Il “Big Short” Burry contro i giganti AI: attesa per il 25 novembre), hanno infatti ridotto o assunto posizioni corte su Nvidia: un segnale evidente che il settore viene considerato sopravvalutato.
Azioni Tech: ma sono davvero così costose?
Anche dopo il recente ritracciamento, le azioni tecnologiche presentano multipli molto elevati, simili – se non superiori – a quelli registrati durante la bolla dot-com. È naturale, quindi, che molti investitori traccino un parallelo con quel periodo. Tuttavia, è utile analizzare più nel dettaglio i multipli attuali.
Come evidenzia Thomas Mathews, responsabile dei mercati Asia-Pacifico presso Capital Economics, l’excess earnings yield – il differenziale tra il rendimento degli utili futuri delle azioni tech e quello dei TIPS a 10 anni – è aumentato solo leggermente rispetto alla fine del 2024. I TIPS, acronimo di Treasury Inflation-Protected Securities, sono titoli di Stato americani agganciati all'inflazione. Tutto ciò implica che, una volta depurate dai tassi reali, le valutazioni non appaiono eccessive.
Inoltre, dall’inizio del boom AI, gli utili per azione del settore tecnologico sono cresciuti di oltre il 100%. Secondo Mathews, questo ritmo è destinato a proseguire, sostenendo multipli più elevati. L’esperto ricorda che nel 1997 l’excess earnings yield era vicino ai livelli attuali e le azioni tech triplicarono prima del crollo.
In definitiva, nel breve termine non sono tanto le valutazioni a rappresentare un rischio per il settore, quanto un eventuale cambiamento nella percezione della domanda di AI e nelle preoccupazioni riguardanti le ingenti spese degli hyperscaler. Mathews prevede che Wall Street continuerà a salire, con l’S&P 500 atteso a 8.000 punti entro la fine del 2026.
Big Tech: cosa comprano e vendono gli hedge fund
All’inizio dell’autunno i fondi hedge hanno aumentato in modo significativo il livello di rischio nei portafogli, spingendo l’esposizione long ai massimi da maggio. Secondo Jefferies, gli investitori hanno effettuato una forte rotazione verso i grandi nomi della tecnologia e dei servizi di comunicazione, portando il rapporto long-short a 1,56. Il focus si è concentrato soprattutto sulla cosiddetta “Crescita Secolare”, in particolare sul paniere Sweet 16 – una selezione di 16 titoli tech e communication services considerati a crescita secolare dagli hedge fund – che ha raggiunto un peso record nei portafogli.
Tra i titoli più favoriti spiccano Broadcom e soprattutto Microsoft, diventata la maggiore posizione netta. Al contrario, alcuni colossi sono stati ridimensionati: Apple è tornata in territorio net short, diventando il maggior sottopeso, mentre Tesla e, in parte, Nvidia hanno registrato una riduzione dell’esposizione.