Dopo mesi di rally, dai titoli tecnologici statunitensi inizia ad arrivare qualche campanello di allarme. Secondo Giacomo Calef, country head Italia di NS Partners, questa fase di consolidamento non sorprende: “le valutazioni avevano toccato livelli difficili da giustificare nel breve periodo. Una correzione era quasi fisiologica dopo mesi di euforia”.
Azioni Tech USA: valutazioni ai massimi e rischio di bolla
Il vero nodo resta quello delle valutazioni. Il comparto Tech statunitense tratta oggi a circa 30 volte gli utili attesi a 12 mesi, un livello che non si vedeva da oltre un anno e che rende i titoli estremamente sensibili a ogni segnale di rallentamento. Parallelamente, alcune Big Tech hanno iniziato a ridurre la liquidità accumulata nei bilanci, alimentando i timori di un progressivo spostamento verso un modello “capital intensive”, con margini più bassi e rischi di maggiore indebitamento.
“Gli investitori cominciano a chiedersi”, spiega Calef, “se l’impiego di capitali in progetti AI genererà ritorni concreti o se stiamo assistendo all’ennesima corsa all’oro tecnologica senza fondamenta solide”.
A pesare è anche l’assenza di ritorni immediati: uno studio del MIT evidenzia che il 95% delle aziende non ha ancora monetizzato in modo significativo gli investimenti in AI generativa. A peggiorare il sentiment, quanto successo con DeepSeek a gennaio: il crollo improvviso del 17% di Nvidia e le perdite miliardarie sull’intero comparto ci hanno ricordato quanto il mercato resti fragile.
Investimenti record, ma la pazienza scarseggia
Le Big Tech non hanno intenzione di rallentare: solo nel 2025, gli investimenti cumulati in AI di Microsoft, Amazon, Alphabet e Meta sfioreranno i 270 miliardi di dollari, quasi la metà della spesa globale nel settore. Questi numeri certificano quanto l’AI sia diventata strategica per il futuro dei giganti americani.
Tuttavia, il mercato comincia a pretendere risultati tangibili. “Il problema non è investire”, osserva Calef, “ma farlo in modo sostenibile e con una prospettiva chiara di monetizzazione. Senza utili concreti, le valutazioni rischiano di diventare insostenibili, soprattutto in un contesto di tassi d’interesse elevati”.
Con i tassi ai massimi da oltre vent’anni e la Fed ancora divisa sul timing del primo taglio, il costo del capitale resta un macigno per i titoli growth. Questo ha spinto gli investitori verso una decisa rotazione settoriale: utility, sanità e beni di consumo di base hanno attirato nuovi flussi, mentre gli asset rifugio come oro e Treasury hanno beneficiato della crescente avversione al rischio.
Anche in Europa, la correzione si è fatta sentire lungo tutta la catena del valore tecnologica, penalizzando leader come ASML e Infineon e riflettendo un sentiment più prudente a livello globale.
Dal sogno all’esame di realtà
La correzione di agosto, pur dolorosa, non sembra segnalare la fine del ciclo dell’AI. Il settore resta un motore di innovazione e i miliardi investiti dai colossi Tech continueranno a sostenere sviluppi cruciali nei prossimi anni. Ma il messaggio dei mercati è chiaro: la fase dell’euforia cieca è finita. Gli investitori vogliono numeri, profitti e strategie credibili.
Il 2025, insomma, potrebbe rappresentare il passaggio dall’hype alla prova dei fatti, un banco di prova che separerà i veri leader del settore da chi ha semplicemente cavalcato l’onda.