Amazon punta a riscrivere le regole della logistica. Entro pochi anni, il colosso di Seattle mira a sostituire oltre 600.000 posizioni operative con sistemi robotici di nuova generazione con l’obiettivo di automatizzare il 75% delle proprie attività, come rivelato dal New York Times in base a documenti interni. Una trasformazione che, secondo Morgan Stanley, non è solo un balzo tecnologico, ma una mossa destinata a ridisegnare i margini di profitto dell’intero gruppo.
Brian Nowak, analista di Morgan Stanley, quantifica il possibile impatto: “l’automazione potrebbe garantire tra i 2 e i 4 miliardi di dollari di risparmi annui ricorrenti entro il 2027.” Un taglio dei costi strutturale che, a parità di fatturato, significherebbe una spinta agli utili senza precedenti. Nowak ha confermato la valutazione "overweight" su Amazon e un target price di 300 dollari per azione: rispetto all'ultima chiusura, l'obiettivo di prezzo implica un rialzo potenziale di quasi il 38%.
Più robot, meno costi: l’arma segreta del CEO di Amazon
Per Amazon, l’invasione delle macchine non è una visione futurista, ma una precisa strategia industriale. Entro il 2027 nasceranno 40 nuovi magazzini robotici, mentre quelli esistenti vengono riconfigurati per integrarsi con un esercito di oltre un milione di robot. L’ultimo arrivato si chiama Blue Jay: un sistema in grado di eseguire più compiti contemporaneamente - dal prelievo allo stoccaggio - e gestire il 75% degli articoli nei centri logistici.
I risultati non tardano a mostrarsi. Andy Jassy, CEO del gruppo, ha rivelato che il centro di Shreveport, in Louisiana, ha già ridotto i costi di evasione ordini del 25% grazie alle nuove tecnologie. Ipotizzando un costo medio di 3 dollari per ordine, Nowak calcola che la robotica potrebbe abbassare questa cifra del 20–40%, generando risparmi da 60 centesimi a 1,20 dollari per spedizione. Numeri che sembrerebbero “conservativi” se si considerano i piani interni dell’azienda.
Secondo quanto riportato dal Times, il team di automazione ritiene infatti che, grazie ai nuovi sistemi, Amazon potrà evitare di assumere oltre 160.000 lavoratori statunitensi entro il 2027, con un beneficio stimato di 30 centesimi per ogni articolo spedito: circa 10 miliardi di dollari l’anno. “Questa cifra potrebbe apparire eccessiva”, avverte Nowak, “ma, se confermata, indicherebbe che l’azienda è sulla buona strada per superare le attese del mercato in termini di efficienza robotica”.
Tra efficienza e impatto sociale: la sfida di un gigante
Dietro la promessa dei miliardi risparmiati, però, si cela una realtà più complessa. Amazon è oggi il secondo maggiore datore di lavoro privato degli Stati Uniti, con oltre 1,5 milioni di dipendenti nel mondo. Ogni passo verso l’automazione comporta un bilanciamento delicato tra la pressione degli investitori per ridurre i costi e la crescente preoccupazione sociale per l’impatto occupazionale.
“Nel breve termine – osserva Nowak – sarà la crescita di AWS a pesare di più sull’andamento del titolo. Ma il mercato continua a sottovalutare l’effetto dell’intelligenza artificiale generativa e della robotica nel retail”.
Chi crede nella “nuova Amazon meccanica” punta su un modello di business più scalabile, più automatizzato e potenzialmente più redditizio. Ma l’altra faccia del progresso - la sostituzione massiva del lavoro umano - resta un terreno dove anche i giganti devono muoversi con cautela.