La curva dei rendimenti dei titoli di Stato statunitensi sta lanciando segnali preoccupanti al mercato. Infatti, i rendimenti dei Treasury Bond a 10 anni si stanno avvicinando pericolosamente a quelli a 2 anni, comportando un appiattimento della curva. Questo significa che gli investitori sentono maggiormente il rischio a breve termine vendendo titoli a scadenze più immediate e questa non è una buona cosa per il mercato.
Lo scenario peggiore però si verificherebbe nel caso i rendimenti dei buoni del Tesoro a scadenze più brevi dovessero addirittura superare quelli dei T-Note a più lungo termine, determinando quella che viene definita un'inversione della curva.
Una circostanza di questo tipo in passato ha sempre
predetto una recessione, che poi è arrivata puntualmente. La spiegazione è dettata dal fatto che il mercato si aspetta che nel lungo periodo i tassi saranno più bassi, perché la
Federal Reserve sarà costretta ad abbassarli per rilanciare un'economia che regredisce.
Titoli di Stato USA: perché la curva si appiattisce
In questo momento l'agitazione del mercato che si riflette sulla curva dei tassi scaturisce soprattutto dalle ultime dichiarazioni di
Jerome Powell. Il Governatore ha annunciato che
la Fed potrebbe anche piazzare strette sul costo denaro di mezzo punto percentuale alla volta per cercare di arginare la cavalcata dell'inflazione, che negli USA ormai ha raggiunto il 7,9%.
Nell'ultima riunione del 15-16 marzo, la Banca Centrale statunitense ha
aumentato il tasso ufficiale di sconto di 25 punti base e ha prefigurato altri 6 incrementi entro la fine del 2022. Tuttavia, nell'occasione non si è mostrata particolarmente aggressiva nella sua politica monetaria, dal momento che ha ribadito come sarebbe stata vigile sull'impatto che ogni mossa avrebbe avuto sull'economia. Adesso
Powell è tornato ad assumere un tono aspro, che forse ha innervosito gli investitori nel mercato monetario.
Titoli di Stato USA: il timore della Fed
Alcuni analisti tuttavia affermano che non ci sono ragioni per preoccuparsi troppo della curva dei rendimenti, soprattutto perché questa non sta dicendo molto rispetto a quanto riferito dai funzionari della Federal Reserve. Quest'ultima potrebbe aver bisogno di aumentare in via temporanea i tassi al di sopra del livello considerato di stabilità di lungo termine, ma ciò non significa necessariamente che ci debba essere una recessione.
Guneet Dhingra, responsabile della strategia dei tassi di interesse statunitensi presso Morgan Stanley, sostiene ad esempio che l'inversione della curva di rendimento sta per arrivare, ma stavolta non sarà la solita rovina che molti immaginano.
Altri invece sostengono che la Fed potrebbe involontariamente causare una recessione aumentando i tassi più del necessario, o di proposito decidendo per un "male necessario", proprio per evitare una crisi inflazionistica in stile anni '70.
È indubbio che l'istituto guidato da Jerome Powell stia cercando di raffreddare l'economia, ma il punto è fin dove può farlo realmente senza destabilizzare la crescita e l'occupazione, dopo averle sollevate dalla crisi pandemica. Al riguardo, alcuni temono che la Fed possa sentirsi frustrata per il fatto che i tassi a lungo non aumentino tanto quanto dovrebbero, perché sono quelli che tendono a esercitare una maggiore influenza sull'economia.