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Le decisioni di Trump di intervenire sulla domanda aumentando le scorte strategiche rilancia le quotazioni del greggio;
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L'amministrazione Usa si è mossa in questi giorni con l'intento di mediare nella guerra dei prezzi in atto;
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Il problema della capienza delle scorte e l'alto costo di stoccaggio potrebbero creare pressione sui prezzi.
Il petrolio continua il recupero nella giornata di oggi mettendo a segno un +7,68% dopo il grande balzo di ieri che ha visto il WTI incamerare un +24% e il Brent +13%. Dopo il tonfo dei giorni scorsi che lo avevano spinto verso i 20 dollari al barile, quella di ieri è stata la miglior seduta della storia del petrolio. A infiammare le quotazioni del greggio Donald Trump. Il Presidente USA ha dato ordine al Dipartimento dell'Energia statunitense di aumentare subito le scorte strategiche di 30 milioni di barili. l'ente americano proseguirà i suoi acquisti fino a giugno, arrivando ad rilevare sul mercato un totale di 77 milioni di barili. Alla decisione del presidente si accompagna la dichiarazione rilasciata dal segretario al Tesoro, Steven Munchin, che ha ribadito che il Congresso degli Stati Uniti sarà chiamato a pronunciarsi sulla richiesta di fondi con lo scopo di sostenere la domanda con maggiori acquisti per il futuro. In particolare il segretario americano per l'energia, Dan Brouillette, avrebbe chiesto un finanziamento di 3 miliardi di dollari. Questo permetterebbe di poter pagare il greggio 39 dollari al barile, quindi con una valutazione ben più importante rispetto ai prezzi attuali.
La mediazione di Trump tra Russia e Arabia Saudita
L'accelerazione del greggio, però, si è avuta quando l'inquilino alla Casa Bianca ha dichiarato che gli USA proveranno a mediare tra la Russia e l'Arabia Saudita per ricucire lo strappo che ha affossato le quotazioni dell'oro nero in quest'ultimo periodo. Fonti Reuters riferiscono che già nei giorni scorsi l'amministrazione americana si era mossa per fare da paciere, dapprima con una telefonata di Trump al principe Mohammed Bin Salman il 9 di marzo e poi con l'intervento in Arabia Saudita dell'ambasciatore degli Stati Uniti John Abizaid il 12 marzo. Inoltre, da parte statunitense, non si escludono delle ulteriori sanzioni nei confronti della Russia se il Cremilino continuerà nella sua politica oltranzista. Ricordiamo che allo stato attuale i sauditi hanno promesso un taglio dei prezzi e l'impegno ad aumentare l'offerta di 10 milioni di barili al giorno a partire dal mese di aprile, dopo la drammatica riunione dell'OPEC+ del 6 marzo che ha sancito la spaccatura definitiva all'interno del cartello (leggi l'articolo qui). Il carattere d'urgenza di questi provvedimenti è determinato da più fattori, strategici per glli Stati Uniti. Specie in questo momento in cui il rischio recessione dovuto al diffondersi del corona virus incombe su Wall Street. Da un lato vi è da salvaguardare le aziende dello shale oil americano, zavorrate da un'ingente mole di debito e a rischio di continuità aziendale con i prezzi del greggio ai livelli dell'ultimo periodo. Da un altro lato, l'eccesso di offerta sulla domanda potrebbe ben presto portare ad una saturazione degli spazi dove posizionare le scorte. Questo spingerebbe le compagnie petrolifere ad abbassare di molto i prezzi per liberarsi dei carichi in eccesso. Per capire che il sistema USA sia già al limite e che quindi questo possa essere un rischio concreto basti pensare che le riserve della Louisiana, che hanno una capacità di contenimento di 713,5 milioni di barili, secondo gli ultimi dati rilevati dall'EIA hanno già in magazzino 649,1 milioni di barili.
Serviranno questi provvedimenti? Le ipotesi degli analisti
E' chiaro che questa situazione non potrebbe reggere a lungo, dato che sono molte le shail oil companies americane che sono sul punto di chiudere bottega. Ci si chiede, quindi, se tali misure potranno essere efficaci per rilanciare la domanda e per sostenere il prezzo del greggio al di là di un normale rimbalzo tecnico. Secondo molti analisti, l'eccesso di offerta rispetto alla domanda, determinato in concomitanza della guerra dei prezzi, dal calo dei viaggi e del blocco delle attività commerciali per effetto della pandemia in corso, sarebbe stimata tra gli 8 e i 10 milioni di barili al giorno nei prossimi due mesi. Questo squilibrio, il più grande della storia del mercato petrolifero, è tale che l'OPEC+ non sarebbe più nelle condizioni di stabizzare il tutto anche se si dovesse ricomporre la frattura in atto tra Russia e Arabia Saudita. Quindi i prezzi potrebbe rimanere bassi a lungo rivedendo scenari come quello della fine degli anni 90 quanto il Brent è sceso sotto i 10 dollari al barile. Ci sarebbe, al riguardo, anche chi ipotizza che molte compagnie, per liberarsi delle scorte, attui prezzi negativi, cosa che spingerebbe ancora più in basso le quotazioni del petrolio. E non è una cosa mai successa, visto che nel 2016 per un breve periodo nel North Dakota il greggio è sceso a -50 dollari al barile, ragion per cui visti gli alti costi di stoccaggio attualmente in atto non è escluso che la storia potrebbe ripetersi.