Oro: il grande sconfitto dopo un anno dal vaccino Covid-19 | Investire.biz

Oro: il grande sconfitto dopo un anno dal vaccino Covid-19

10 nov 2021 - 09:00

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Ad un anno dalla comunicazione dell'efficacia del primo vaccino anti-Covid, uno degli asset che più ha sofferto è l'oro. Vediamo perché

È passato circa un anno da quando il mondo è stato stupito dall'arrivo di un vaccino in grado di sconfiggere un virus che aveva sconvolto la vita delle persone. La scienza aveva fatto un vero miracolo: dopo 6 mesi dall'inizio della sperimentazione la Food & Drug Administration concedeva l'autorizzazione per l'uso d'emergenza del vaccino Pfizer contro il Covid-19.

Da quel momento l'economia messa alle strette dalla pandemia rivedeva bagliori di luce e si
scavava la strada verso un pronto riscatto. Era il risveglio da un incubo, che immediatamente è stato
recepito dai mercati azionari. I titoli più bastonati durante i lockdown ripetuti cominciavano a reagire
energicamente.

Pensiamo alle compagnie di viaggio, dell'intrattenimento e dello spettacolo, ad esempio. Allo stesso modo tutti i titoli value riemergevano facendo valere l'importanza dei fondamentali. Nel contempo erano le azioni growth a perdere terreno dopo essere state le più premiate dagli investitori nel periodo più buio della crisi.

A un anno di distanza sono successe diverse cose: l'arrivo di altri vaccini ma anche delle varianti del virus più resistenti al siero che hanno messo in discussione la ripresa economica. Ecco quindi che sono tornati alla ribalta i tecnologici che hanno nuovamente conquistato la scena, mettendo in secondo piano i ciclici. Tutto questo in un contesto in cui vi è un'altra variabile a farla da padrone: l'inflazione.

 

Oro: il grande perdente dopo un anno dal vaccino Covid-19


Proprio l'inflazione oggi sembra il nemico principale per gli operatori di mercato, che vedono il valore di
portafoglio erodersi in termini reali per via delle aspettative rialziste sui prezzi al consumo. I rendimenti
obbligazionari infatti sono cresciuti nominalmente, ma diminuiti se depurati dal tasso d'inflazione.

In questo quadro gli investitori si sono tuffati sulle criptovalute per sfruttare asset volatili, ma che allo
stesso tempo possono essere molto redditizi. La crescita dei token digitali è stata esorbitante e oggi nel
complesso hanno superato una capitalizzazione di 3.000 miliardi di dollari.

Il significato del boom delle cripto è stato anche un altro: se come molti sostengono le monete virtuali hanno svolto una funzione di bene rifugio contro le incertezze del mercato e di copertura dall'inflazione, allora hanno decretato la sconfitta dell'oro.

Proprio il metallo giallo è finito per essere il grande perdente nell'anno del vaccino. E nemmeno una
svalutazione monetaria delle Banche centrali senza precedenti è servita a risollevarlo. Dal mese di novembre dell'anno scorso le quotazioni del gold sono passate da un massimo di 1.978 dollari l'oncia a
1.831 dollari di oggi.

Per certi versi tutto quanto ha del clamoroso, perché l'oro ha storicamente una relazione inversa con i rendimenti reali: quanto più questi ultimi scendono tanto più le quotazioni della materia prima tendono a salire.

Così non è stato e si fa fatica a trovare un altro periodo dove si è presentata una situazione simile. Vi è
stato solo a cavallo tra il 2012 e l'inizio del 2013 che si è determinato un calo delle quotazioni dell'oro
durante il Quantitative Easing della Fed. È anche vero però che il mercato cominciava a vivere il taper tantrum determinato dal fatto che da lì a poco l'allora Governatore della Banca Centrale USA Ben Bernanke avrebbe adottato una stretta monetaria spingendo in alto i rendimenti.

Un altro indicatore dice che qualcosa potrebbe essere veramente cambiato nella scala delle preferenze
degli investitori. Da quando si è posto fine agli accordi di Bretton Woods nel 1971, il rapporto tra
il valore dell'indice S&P 500 e quello dell'oro è rimasto pressoché costante. In termini di metallo giallo, il principale listino USA è valso di più rispetto al 1971 solo per pochi anni, in particolare durante le fiammate rialziste degli anni '90. Ora tale rapporto si trova al massimo da 16 anni.

Questo potrebbe essere interpretato in 2 modi: o come un segnale che una correzione nel mercato azionario sia alle porte o come una perdita della funzione, da vedere quanto temporanea, che si è sempre dato al metallo prezioso.

 

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