Con la riunione di settembre, la Federal Reserve da un lato ha messo in campo il primo taglio al costo del denaro USA dal 2020 e dall’altro ha ridotto le proiezioni sui tassi a termine.
Nonostante un’economia in sostanziale salute, i consumi si confermano resilienti e la crescita degli investimenti sembrerebbe in accelerazione, l’istituto guidato da Jerome Powell punta, in un momento in cui le pressioni inflazionistiche sono in attenuazione, a bilanciare i segnali di lieve deterioramento che arrivano dal mercato del lavoro. In presenza di un’economia che sembrerebbe aver smaltito gli eccessi pandemici, da Washington è arrivato un chiaro segnale di normalizzazione.
Ovviamente una riduzione dei tassi nella prima economia finirà per avere effetti a cascata sulle maggiori asset class. Vediamo quali sono le nuove stime degli analisti sui prezzi delle maggiori commodity.
Materie prime energetiche: atteso un eccesso di output
Con un contesto caratterizzato da dazi commerciali, sanzioni all’Iran e debolezza della domanda cinese, Citi stima un surplus nella produzione di petrolio nel 2025 anche nel caso in cui l’Opec+ dovesse decidere di confermare i tagli all’output.
"La domanda di petrolio cinese potrebbe sorprendere al rialzo, ma l'entità potrebbe essere contenuta poiché le politiche economiche difficilmente prenderebbero di mira i settori ad alta intensità energetica visto che le autorità sono coscienti che esiste un problema di eccesso di capacità produttiva”.
Il Brent l’anno prossimo è stimato ad un prezzo medio di 60 dollari al barile, circa 18 punti percentuali al di sotto dei 73,5 dollari attuali.
Metalli preziosi: nuovi guadagni per l’oro?
In un contesto in cui le tensioni geopolitiche non accennano a diminuire, al momento a prevalere sono i rischi di escalation, e le Banche centrali continuano lo shopping, l’inversione di rotta della Fed ha un duplice effetto: da un lato indebolisce il biglietto verde, la moneta in cui i lingotti sono prezzati, e dall’altro riduce il costo opportunità legato alla detenzione di oro, dato che il metallo prezioso è un'attività non redditizia.
Di conseguenza, il bene rifugio per eccellenza è uno dei grandi beneficiari della svolta arrivata da Washington: non a caso, negli ultimi giorni il metallo giallo ha messo a segno nuovi record sfondando quota 2.600 dollari l’oncia. Per gli analisti di Citi, cicli di tagli dei tassi rappresentano elementi "molto rialzisti" per i metalli preziosi in generale e per l’oro in particolare.
Nei sei mesi successivi agli ultimi quattro cicli di tagli dei tassi USA (1995, 2001, 2007 e 2019), calcola Citi, i rendimenti annualizzati medi per i metalli preziosi sono stati del 13%. Nel caso degli ultimi due cicli, i rendimenti medi a dodici mesi hanno evidenziato un +20%.
Nel caso dell’oro, Citi stima prezzi nei pressi dei 2.600 dollari fino a fine anno mentre nel 2025 dovrebbero spingersi in area 3mila dollari. Per quanto riguarda l’argento, che capitalizza anche il suo utilizzo nel settore industriale (ed in particolare nei settori legati alla transizione energetica), Citi stima un rialzo di oltre il 20% entro la fine dell'anno ed un incremento superiore ai 30 punti percentuali nel giro di sei-dodici mesi.
Metalli Industriali: il nodo è rappresentato dalle elezioni USA
Se in genere siamo abituati a pensare che i metalli industriali siano gli ovvi beneficiari di una serie di riduzioni dei tassi, un minor costo del denaro stimola gli investimenti e la domanda di questo tipo di commodity, nell’attuale fase occorre calcolare, come evidenzia Citi, anche fattori come le elezioni USA (che implicano il pericolo di un inasprimento dei dazi), blocchi dell’offerta dovuti a fattori geopolitici e lo stato di salute dell’economia cinese.
Analizzando la relazione tra il processo di riduzione del costo del denaro ed i prezzi di alluminio e rame, gli analisti di HSBC per i prossimi mesi si attendono un trading range. “Ci aspettiamo che i prezzi dei metalli seguano il percorso del 2019, quando i tagli dei tassi furono lanciati come aggiustamento di metà ciclo per prevenire un ulteriore rallentamento economico". Questo implica che probabilmente entrambi i metalli probabilmente rimarranno in un “range bound” durante questo ciclo per tornare a salire quando ci sarà una ripresa della domanda.
Da qui a fine anno, lo scenario base di Citi prevede un prezzo del rame in quota 9mila dollari alla tonnellata, in riduzione rispetto ai 9.390 attuali. Lo scenario rialzista incorpora prezzi a 12.500 dollari nel 2025 ed a 15.000 nel 2026 grazie ad un rimbalzo del manifatturiero globale "forte e rapido".
Per quanto riguarda l'alluminio, Citi ha affermato di essere "neutrale" in vista delle elezioni statunitensi, prevedendo nel suo caso base un prezzo compreso tra i 2.300 ed i 2.500 dollari (2.540 $ attuali). A meno di shock tariffari dovuti alle tensioni tra Stati Uniti e Cina, i prezzi sono attesi ad un prezzo medio di 2.750 dollari la tonnellata nel 2025.