L'oro è il bene rifugio per antonomasia, che funziona molte bene come copertura dall'inflazione, in quanto mantiene inalterato il suo valore intrinseco, e nei momenti di grande incertezza nei mercati, essendo un asset detenuto come riserva da tutte le Banche centrali del mondo. Quest'anno però, il metallo giallo non ha svolto a pieno il suo ruolo di porto sicuro a causa di condizioni di mercato anomale che hanno spinto gli investitori a preferirgli altre attività.
Oro: le dinamiche del 2022
Quando è scoppiata la guerra Russia-Ucraina, gli operatori di mercato hanno immediatamente incrementato gli acquisti di oro, poiché la volatilità è esplosa e la crisi energetica che è derivata dal conflitto hanno aggravato una situazione inflazionistica già in tendenza ascendente. A marzo, la materia prima ha agguantato il record storico di 2.078 dollari l'oncia.
Lo stato di grazia però non è durato molto. Questo perchè l'oro non è un asset redditizio, nel senso che non produce interessi o dividendi. In un contesto di alta inflazione, le Banche centrali, con la Federal Reserve in prima file, hanno alzato i tassi d'interesse spingendo gli operatori verso altri beni rifugio, come i titoli di Stato USA e il dollaro.
Contestualmente, la forza della moneta americana ha giocato contro le quotazioni del metallo giallo perché, essendo quest'ultimo quotato in dollari, l'acquisto da parte degli investitori non statunitensi è diventato più caro. Questo ha contribuito al calo della domanda e dei prezzi, scesi a settembre ad un minimo di 1.672 dollari l'oncia.
In un contesto di mercato profondamente differente, qualcuno ha cominciato addirittura a mettere in dubbio la valenza dell'oro come bene rifugio. Tuttavia, negli ultimi mesi l'oro è risalito fino a oltre 1.800 dollari in scia della convinzione che a breve possa arrivare una recessione globale.
Oro: le aspettative per il 2023
Secondo alcuni analisti, il 2023 potrebbe essere l'anno dell'oro. Se alcuni commentatori si aspettano nuovi massimi storici, altri, come UBS, prevedono rialzi più contenuti verso i 1.900 dollari l'oncia.
I fattori che potrebbero spingere il metallo sono diversi. In primo luogo troviamo una minore aggressività delle Banche centrali. Questo implicherebbe una riduzione del costo opportunità di detenere oro dal punto di vista della redditività. In secondo luogo, il dollaro potrebbe aver esaurito la benzina, il che significa che il prezzo della materia prima ha parecchie chances di salire alla luce della correlazione inversa tra i due asset.
Non solo fattori rialzisti
Ci sono però degli aspetti che potrebbero intralciare la view rialzista. La Cina, insieme all'India, è il più grande acquirente di oro al mondo. Non sappiamo se l'economia del Dragone verrà rinvigorita dalle riaperture promesse dalle autorità di Pechino, oppure se le restrizioni continueranno a zavorrare la crescita. Nel primo caso, ovviamente la domanda del bene aumenterebbe e le quotazioni probabilmente seguirebbero la stessa tendenza. Nel secondo, il rischio è che la richiesta risulti contratta e i prezzi stentino a decollare.
Un'altro pericolo è rappresentato dalla possibilità di una recessione combinata con l'inflazione, la c.d. stagflazione. In tale circostanza, bisognerà vedere se a prevalere sarà più il ruolo di bene rifugio o la crescita generalizzata dei rendimenti, come accaduto per gran parte del 2022.