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Trump blocca l'import di cotone e pomodori dallo Xinjiang, Regione occidentale della Cina, per sospetti di lavoro forzato;
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Le conseguenze per le imprese del settore tessile e alimentare potrebbero essere rilevanti;
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Il prezzo del cotone non ne ha risentito più di tanto nel mercato principale delle materie prime
I venti di guerra tra USA e Cina non si placano. Nel mirino del presidente Trump ora vi sono le importazioni di pomodoro e di cotone dalla Cina, o meglio dallo Xinjiang, Regione occidentale del Paese asiatico. La motivazione risiede nelle condizioni disumane a cui verrebbero sottoposti i lavoratori nella filiera produttiva. Questo violerebbe le leggi statunitensi riguardo il lavoro forzato, la tratta di essere umani e la riduzione in schiavitù.
Secondo un portavoce della Casa Bianca l'annuncio ufficiale dovrebbe arrivare verso la fine della settimana. Il provvedimento suonerebbe come l'ennesimo atto di sfida tra le due superpotenze in un clima dove la tensione scorre sul filo del rasoio. Dalla sponda cinese viene negato qualsiasi tipo di maltrattamento e da Pechino fanno sapere che questo dell'Amministrazione USA rappresenta un ulteriore pretesto per attaccare le imprese del Dragone senza alcuna reale motivazione.
Blocco importazioni di cotone e pomodori: ecco cosa comporta
Lo scorso il Dipartimento di Stato americano ha inviato una lettera ad alcune grandi aziende americane operative nello Xinjiang come Apple, Amazon e Walmart, avvertendole del rischio di violazione dei diritti umani in quella Regione. Già da marzo è stata avanzata la proposta di richiedere la certificazione comprovata che i prodotti fabbricati in loco non fossero realizzati con il lavoro forzato. In mancanza di indicazioni, il Governo americano ha deciso ora di attuare una politica di chiusura trattenendo le spedizioni alla Dogana.
Tutti i filati, i tessuti, i capi d'abbigliamento e i prodotti a base di pomodoro saranno pesantemente colpiti. L'effetto per i rivenditori e i produttori USA nel ramo tessile e alimentare potrebbe essere di portata rilevante. Basti pensare che il 25% della produzione mondiale di cotone arriva dalla Cina e soprattutto dallo Xinjiang. C'è da dire però che Pechino importa 2 milioni di tonnellate l'anno di cotone e filati per produrre tessuti, il che significa che anche senza la produzione della Regione l'import verso gli Stati Uniti potrebbe forse proseguire senza grossi contraccolpi.
Riguardo le aziende cinesi, le più penalizzate sarebbero soprattutto la Xinjiang Production and Construction Corps e lo Yili Zhuaowan Garment Manufacturing, accusate di utilizzare delle specie di campi di concentramento gestiti dal Governo centrale per sfruttare la manodopera attraverso intimidazioni, minacce, ritenzione dei salari, isolamenti e abusi.
La reazione del prezzo del cotone sul mercato delle materie prime
All'uscita della notizia i futures sul cotone CCFcv1 sullo Zhengzhou Commodity Exchange sono affondati del 4,5% a 1.804,90 dollari a tonnellata. Mentre in pratica non si è avuto nessun effetto sul contratto future negoziato presso l’Intercontinental Exchange, che è il punto di riferimento per la comunità di trading della materia pruma. Oggi la commodity viaggia poco sotto la parità in un contesto di ritracciamento dopo il rally partito da marzo che ha visto le quotazioni passare dai minimi annuali di 48,36 ai prezzi attuali di 63,84 (+32%).