Il petrolio sale ancora spingendo il
Brent oltre i 74 dollari al barile. A mettere il turbo al prezzo del combustibile fossile l'annuncio delle autorità cinesi di una serie di misure di stimolo per rilanciare l'economia del Paese. La
People's Bank of China ha tagliato il coefficiente di riserva obbligatoria, il tasso di riferimento a sette giorni e i tassi ipotecari per aumentare i prestiti e ridurre i costi di finanziamento. Inoltre, l'istituto con sede a Pechino ha riferito che sono possibili altri tagli (sul
sito della PBoC il comunicato diffuso al termine della conferenza stampa)
Alle misure per stimolare il credito si è aggiunto un piano da 500 milioni di yuan, pari a 71 miliardi di dollari, a sostegno della liquidità delle azioni. In sostanza, fondi e compagnie di assicurazioni potranno attingere alla PBoC per acquistare titoli attraverso una funzione di swap. Inoltre, il governatore della Banca centrale Pan Gongsheng ha detto ai giornalisti che l'autorità monetaria sta studiando la creazione di un fondo di stabilizzazione delle azioni.
Gli analisti ritengono che i tassi ipotecari più bassi potrebbero aiutare i proprietari di case, ma forse non rappresentare il bazooka necessario per rilanciare davvero la spesa dei consumatori cinesi e in particolare per guarire il mercato immobiliare. Ad ogni modo, le misure di stimolo all'economia vanno sempre a braccetto con un mercato del petrolio in crescita. Questo perché un'economia che gira stimola anche la domanda di tutta una serie di prodotti legati all'energia e al carburante in cui il greggio svolge ancora una funzione essenziale. Finora, ciò che aveva spinto al ribasso le quotazioni dell'oro nero (-14% in un trimestre) è stato principalmente il rallentamento della domanda proveniente dal Dragone, il più grande consumatore mondiale della materia prima. Quindi, qualsiasi misura mirata alla ripresa della domanda va ad aggredire l'ostacolo principale di un possibile rally del petrolio.
Brent: preoccupa la guerra in Medio Oriente
Il balzo del Brent non è determinato solamente dalla questione cinese. A esercitare un peso importante è stato anche l'inasprimento delle tensioni in Medio Oriente. Israele ha lanciato attacchi in tutto il Libano meridionale, sterminando 500 persone nel giorno più cruento dalla guerra del 2006 con Hezbollah. Il governo dello Stato ebraico sta giocando d'anticipo in vista di una rappresaglia del nemico a seguito dell'esplosione dei cercapersone in mano ai militanti libanesi. Le diplomazie sono al lavoro per cercare di riportare alla calma, ma per la verità sono stati fatti pochi passi avanti fino a questo momento. Da ciò ne deriva che l'offerta di petrolio potrebbe restringersi ulteriormente nei prossimi mesi, creando le condizioni per un aumento dei prezzi.
Rimane sempre aperta la questione della
politica dell'OPEC+. La riduzione dei tagli all'offerta è stata posticipata di due mesi rispetto alla data di ottobre prevista, ma allungare troppo la tempistica potrebbe non essere una mossa conveniente. In presenza di un output più basso, il break-even per i produttori di petrolio si è alzato. Quindi, Paesi come l'Arabia Saudita rischiano di produrre in perdita in quanto, alle quantità stabilite, gli introiti non sono in grado di coprire i costi di produzione e quelli fissi.