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Bolla dei tulipani: storia della prima grande crisi finanziaria

14 ott 2020 - 08:15

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Nel 1637 in Olanda si consumò un dramma che coinvolse gran parte degli investitori del Paese. Raccontiamo la prima grande bolla della storia: quella dei tulipani

In un periodo in cui si discute molto sulla possibilità che quella delle Big Tech possa essere una nuova bolla finanziaria, è all'ordine del giorno il richiamo a episodi simili che sono successe in passato. Alcune settimane fa abbiamo riportato alla mente la bolla delle Dot-com, più vicina come tipologia a quella attualmente temuta. Oggi parleremo della madre di tutte le bolle finanziarie: la bolla dei tulipani scoppiata nel febbraio del 1637.
 

La bolla dei tulipani: le origini

Tutto iniziò verso la seconda metà del XVI secolo quando la Turchia, grande produttore di tulipani, cominciò a esportare in tutta Europa e soprattutto in Olanda. I Paesi Bassi trovarono un tale interesse all'interno della Nazione che alla fine del 1.500 ne iniziarono la coltivazione. La richiesta avveniva soprattutto dalle frange più ricche della popolazione, al punto che ben presto i fiori divennero un prodotto di lusso.

Il problema del lungo ciclo riproduttivo fece crescere rapidamente il prezzo dei tulipani in quanto in quel lasso di tempo ovviamente la domanda superava di gran lunga l'offerta. A quel punto il bulbo del fiore divenne come un bene rifugio verso cui si posizonavano gli investitori che guardavano a un orizzonte temporale di lungo periodo.

Inoltre l'Olanda conobbe un periodo di grande espansione commerciale grazie alle sue rotte marittime, il che fece accrescere in poco tempo la ricchezza finanziaria privata. Nel 1636 il bulbo di tulipano fu esportato in tutto il mondo fino a diventare il quarto tra i prodotti olandesi commerciati all'estero.
 

La bolla dei tulipani: come si sviluppò

Negli anni '30 del XVII secolo i tulipani venivano scambiati in aste pubbliche e private di diverse città olandesi. In queste aste partecipavano inizialmente le persone più agiate della città, ma poi anche fioristi e commercianti delle classi sociali meno ricche. Così, da un semplice hobby, il commercio dei tulipani divenne ben presto una vera e propria attività imprenditoriale e di investimento.

La febbre dei fiori salì al punto che gli operatori prenotavano presso i coltivatori i bulbi quando ancora non erano stati raccolti, pagando un acconto in anticipo e saldando la differenza alla consegna. La cosa singolare che avvenne fu che il diritto rappresentato da un regolare contratto veniva scambiato sul mercato come un contratto future.

Ovviamente essendo che, da quando si stipulava il contratto fino alla consegna, passavano diversi mesi nel frattempo il valore a termine del tulipano subiva una quantità sempre più consistente di contrattazioni. Il prezzo naturalmente lievitava ma si veniva a creare un rischio sempre più consistente che l'inadempienza da parte di uno solo dei contraenti che si erano impegnati tra i partecipanti producesse una pericolosa reazione a catena. Allora vi erano i collegi dei commercianti ad amministrare le contrattazioni, però non controllavano se i compratori avessero denaro sufficiente per adempiere alle proprie obbligazioni, tantomeno se i venditori avessero il bulbo da consegnare e se mai lo avrebbero fatto.

Tutto veniva fatto a un certo punto a scopo speculativo e non di certo perché vi fosse interesse per il tulipano in sé. Questo provocò una spirale rialzista sui prezzi determinata da un valore puramente teorico delle contrattazioni. L'avidità da parte degli speculatori li spinse addirittura a vendere beni personali, persino case, per acquistare i diritti sui fiori più preziosi. Un solo tulipano allora valeva all'incirca 3.000 fiorini, ossia circa 170 mila euro.

Questo commercio comunque non era legale. Un editto del 1610 stabilì che tali contratti future che comportavano la vendita allo scoperto non avevano valore, ma ciò non impedì al commercio di svilupparsi over the counter.

Il 5 febbraio 1637 però andò in scena la follia collettiva: una domanda spaventosa di bulbi fece salire il prezzo fino a 90.000 fiorini, corrispondenti a quasi 5 milioni di euro. Questo fu il preludio per lo scoppio della bolla.
 

La bolla dei tulipani: lo scoppio

Passarono pochi giorni che si consumò il dramma. Un'asta in una delle città olandesi in cui avvenivano gli scambi, Haarlem, risultò deserta. La cosa gettò nel panico gli operatori che cominciarono a vendere a mani basse i diritti sui bulbi che avevano precedentemente comprato. Ben presto si arrivò a un panic selling dissennato con la domanda che non riuscì più a contenere la furia disastrosa delle vendite.

Giocoforza il prezzo dei tulipani crollò in maniera vertiginosa. I contadini si arricchirono perché a scadenza si ritrovarono in tasca somme enormi di denaro per prodotti che ormai non valevano più niente. I compratori ovviamente vissero un incubo senza precedenti. La caduta dei prezzi fu così repentina che i fioristi iniziarono a vendere in tutto il Paese a qualsiasi prezzo.

La situazione fu talmente grave che la Giustizia delle Province unite dei Paesi Bassi a un certo punto emise una sentenza molto discutibile: i futures in essere furono trasformati in contratti di opzione. In questo modo i contraenti che avevano acquistato i diritti, avevano la facoltà di non saldare a termine, dietro il pagamento di una penale che corrispondeva al 3,5% del valore del contratto.

Si cercò in qualche modo di accontentare tutti dal momento che di fatto queste obbligazioni contratte erano considerate alla stregua del gioco d'azzardo, per cui per la legge non potevano trovare adempimento attraverso un'esecuzione forzata. Ciò nonostante quella bolla tremenda provocò uno shock nella popolazione che visse, per larghi tratti, il passaggio da una situazione di trionfale ricchezza a una di disperata miseria.

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