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Continua il crollo del petrolio statunitense
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Ultima quotazione sotto gli 11 dollari
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Ma dopo la tempesta potrebbe esserci uno spiraglio
Continua il crollo del petrolio statunitense. Le ultime quotazioni di questa mattina indicano un barile di WTI al di sotto della quota degli 11 dollari al barile (10,6 per l’esattezza).
Perché il petrolio, soprattutto Usa, scende?
Alla base di tutto un mix di fattori che è caratterizzato, da tempo, soprattutto da un aumento dell’offerta e da un calo della domanda. Una contingenza che si è acuita con la pandemia. Infatti il coronavirus e la sua diffusione hanno cancellato circa un terzo della domanda mondiale di petrolio. A queste variabili che potrebbero essere definite “storiche” se ne è aggiunta un’altra: la saturazione dei siti di stoccaggio. Mentre i produttori non sanno letteralmente più dove mettere la materia prima (sempre più costosa da estrarre e conservare in rapporto ad un prezzo in caduta libera) si guarda alle miniere abbandonate come possibile sito.
United States Oil Fund
La settimana scorsa il Wti ha toccato il livello record, in negativo, di -37 dollari. Ma a rischio, adesso, potrebbero essere anche le previsioni di giugno. Al centro della scena, in questo caso, è lo United States Oil Fund, un Etf da oltre 3 miliardi di dollari che raccoglie i risparmi dei piccoli investitori. Ebbene il gigante ha deciso di dare l’addio al future sul Wti per giugno nel corso di questa settimana. La sua strategia, adesso, si sposta sul lungo periodo. Ma un primo spiraglio potrebbe vedersi all’orizzonte. Finora ogni previsione è stata calibrata su come si svolgerà, a livello mondiale, la famosa fase due. Fase che se in Italia sta per cominciare non senza polemiche, nel resto del mondo procede a macchia di leopardo.
Calo della produzione più veloce del previsto
Ma anche in questo caso si è aggiunto un altro elemento tra quelli finora considerati: il calo della produzione di greggio che sembra più veloce del previsto. Il taglio della produzione Opec+ di 9,7 milioni di barili al giorno diventerà realtà venerdì. Ma in molti stanno dando vita alle prime misure già adesso. Parallelamente anche gli Usa hanno visto un dietrofront da parte di molti produttori con lo stop delle trivellazioni. Stop che ha registrato punte che arrivano anche a 6mila pozzi in meno come quanto visto in North Dakota. Da qui la possibilità di un cambio di marcia e di un possibile rialzo delle quotazioni in un futuro non molto lontano.