La BCE ha messo in campo una pausa dopo otto tagli consecutivi, puntando alla stabilità e alla cautela, in attesa di evoluzioni sui dazi e del prossimo quadro economico. Se l’inflazione rimanesse intorno al 2% e i rischi esterni si attenuassero, la fase di allentamento potrebbe essere completata presumibilmente tra settembre e dicembre. Mentre eventuali rialzi delle tensioni USA‑UE o un euro troppo forte potrebbero spingere per un nuovo intervento.
Nel comunicato del 24 luglio 2025, la Banca Centrale Europea ha confermato nella giornata del 24 luglio quindi i tassi chiave: rifinanziamento al 2%, deposito 2,15%, prestito marginale 2,40%.
Tra le motivazioni della decisione troviamo un’inflazione stabile al 2%, con pressioni sui prezzi ancora contenute, una crescita salariale e un’economia in tenuta con il PIL del primo trimestre 2025 che ha sorpreso con un +0,6%, grazie a consumi solidi, investimenti stabili ed esportazioni anticipate per paura di tariffe.
BCE: cosa succederà nei prossimi mesi?
Circa il futuro, la Presidente della BCE durante la conferenza stampa al termine del Direttivo ha ribadito che il percorso dei tassi sarà guidato dai dati e deciso in ogni riunione, senza impegni predefiniti, anche se il mercato scommette su un possibile taglio entro fine anno con oltre l’80% di probabilità mentre la BCE mantiene la porta aperta a valutazioni successive: “Siamo abbastanza fiduciosi che gli shock inflazionistici degli ultimi anni siano alle spalle e che il nostro compito sia ora quello di guardare a quello che sta arrivando” ha dichiarato Lagarde.
La Banca Centrale da un lato evidenzia che l’economia ha mostrato nel complesso una buona capacità di tenuta in un difficile contesto mondiale - questo grazie alle passate riduzioni dei tassi di interesse decise dal Consiglio - dall’altro precisa che l’attuale incertezza è collegata alle controversie commerciali.
EUR/USD: attenzione ad rafforzamento
La decisione della BCE ha avuto un impatto inaspettato sull’euro; infatti, nonostante la stabilità dei tassi fosse ampiamente prevista dai mercati - dopo gli otto tagli consecutivi da metà 2024 – la moneta europea si è rafforzata nei confronti del dollaro nelle ore successive alla decisione della Banca Centrale partendo da un minimo di 1,1730 per avvicinarsi in zona 1,18, la cui rottura aprirebbe spazio verso i massimi annuali, per poi ritracciare e consolidarsi in zona 1,1750.
Dai minimi del 13 gennaio 2025 a 1,017 la crescita è stata inarrestabile e i massimi del 1° luglio 2025 a 1,1830 non sono distanti. Ma un euro troppo forte non può rappresentare un segnale positivo per l’economia dell’Eurozona, in quanto comporta anche una serie di rischi e svantaggi, soprattutto in un contesto di crescita ancora fragile o disomogenea tra i Paesi membri, penalizzando in primis le esportazioni europee.
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