Quanto si parla di inflazione a livello finanziario parte la caccia allo strumento migliore per coprirsi da questo rischio. Inflation linked bond, materie prime e oro sono solo alcuni degli asset citati come gli unici in grado di proteggere veramente il capitale dalla perdita di potere d’acquisto.
Ho così deciso di prendere quattro strumenti quotati e di verificare le loro performance a distanza di 5 e 10 anni per capire se effettivamente è stata ripagata in termini reali la seppur minima inflazione che abbiamo visto in Italia negli ultimi anni.
Utilizzando il database pubblico di JustEtf.com ho messo a confronto gli ETF che investono in azioni internazionali, commodity, oro ed euro inflation linked bond. Il raffronto con dati reali di mercato e non con indici mi permette di restituire ai lettori i numeri che ipoteticamente avrebbe portato a casa chi avesse deciso di investire con questi strumenti.
Inflazione: le performance a 5 anni degli ETF per coprisi dal rischio
Cominciamo con l’intervallo temporale a 5 anni. L’inflazione media italiana dell’ultimo lustro è stata dello 0,5%. Le materie prime rappresentate dal Lyxor CRB Index sono state a malapena in grado di ricoprire con un modestissimo premio. Meglio gli inflation linked europei che grazie ad un 2,1% annuo composto sono riusciti ad offrire agli investitori di iShares Euro Inflation Linked un ritorno reale positivo. Ancora meglio ha fatto l’ETC sull’oro Gold Bullion con un premio annuo superiore ai 450 punti base visto il rendimento annuo composto del 5,2% degli ultimi 5 anni. Domina l’azionario con un rendimento reale annuo che ha superato il 12%.
Inflazione: le performance a 10 anni degli ETF per coprisi dal rischio
A distanza di 10 anni i numeri si fanno molto interessanti. Teniamo conto che l’inflazione italiana nell’ultima decade è stata dell'1,1%. L’ETF che investe in azioni globali di iShares ha portato a casa un eccellente 12,5% annuo di rendimento annuo composto lordo. L’oro ha ripagato un premio di circa 2 punti e mezzo con un 3,7% di rendimento annuo composto. Seguono gli inflation linked europei con circa 100 punti base di premio sull’inflazione (2,1% annuo composto) e chiudono le commodity che, con un -3,3% annuo, di fatto non sono state in grado di proteggere il capitale dall'inflazione.
Il recupero delle materie prime visto in questi mesi non è stato sufficiente nemmeno a coprire la perdita di potere d’acquisto accumulata nel corso degli ultimi 10 anni. A questo si somma l’inefficienza di uno strumento che investe in contratti future. Gli stessi investitori in oro e inflation linked dovrebbero interrogarsi sull’opportunità di puntare esclusivamente a questi asset per proteggersi dall’inflazione visto che tassi in crescita rischierebbero di ridurre le valutazioni di queste tipologie di investimento.
L’azionario globale non può vantare valutazioni particolarmente attraenti ma si conferma l’asset migliore per difendere il capitale dall’erosione generata dall’inflazione. Un mix di questi fattori rappresenta probabilmente la scelta corretta di allocazione per chi vuole proteggersi da un rischio futuro del rialzo dell'indice dei prezzi al consumo, ma sempre utilizzando il buon senso ed evitando la tentazione di speculare su uno qualsiasi dei quattro evitando di utilizzare la diversificazione.