Uno degli esempi più lampanti di quanto deleterio sia per un investitore seguire una moda è quello che coinvolge le azioni petrolifere messe a confronto con quelle che operano nel cosiddetto mondo delle energie alternative o pulite. L’onda green che ha coinvolto il mondo con la ESG mania e ha visto gli asset manager in prima fila nell'alimentare un fenomeno di marketing “secolare”, avrebbe dovuto far pensare a denaro che usciva da una porta (quella delle grandi società del settore oil) per entrare da un’altra (le società della cosiddetta new economy energetica). Niente di più sbagliato e ancora una volta i dati stanno qui a dimostrarlo.
Investimenti: tensioni geopolitiche mostrano l'importanza del settore petrolifero
Cominciamo dalle masse in gestione. Come si vede dal grafico gli ETF specializzati in Oil&Gas da 10 anni a questa parte stavano vedendo scendere le masse amministrate con le mani forti che hanno liquidato a prezzi più elevati molto tempo prima di quanto lo facesse l’investitore retail che, naturalmente, ha venduto sui minimi confidando nella nuova onda secolare delle energie pulite. Ed effettivamente con l’arrivo della pandemia sembrava proprio che questo fosse il finale del film con un corposo spostamento di denaro verso le azioni emergenti della green economy. Sussulto durato molto poco e soprattutto capace di creare una bolla speculativa notevole con multipli di mercato insostenibili.
Le tensioni geopolitiche hanno messo a nudo l’immaturità oggi del settore delle energie rinnovabili, e la necessità per ancora tanti anni che il mondo occidentale ha di utilizzare risorse fossili per mantenere un tasso di crescita decente. Il cambiamento ci sarà, il finale prenderà pieghe ben precise nel corso del secolo. Ma sarà lento e gli investitori che hanno cercato di catturare il tema del secolo si leccheranno le ferite ancora a lungo.
ETF: ancora interessante l'investimento nell'energia tradizionale
Le performance sono impietose. Nonostante un recupero negli ultimi tempi, l’ETF Global iShares Clean Energy è invariato a distanza di 1 anno, mentre l’ETF Xtrackers MSCI World Energy guadagna oltre l'80%. Vero che a distanza di 3 anni il gap di performance è ancora notevole. Gli investitori del mondo green hanno visto raddoppiare le quotazioni, quelle del mondo Oil & Gas hanno ottenuto un incremento di circa il 60% (dati al 31 maggio 2022).
Ma osserviamo attentamente le valutazioni e anche la volatilità per comprendere prospettive e rischi. Le performance del 2021 del mondo Clean Energy sono state negative del 24%. Il 2020 era stanno un anno record con un balzo del 140%, a sua volta successivo al boom del 2019 con +43%. Ma se andiamo a vedere gli anni precedenti contiamo ben tre anni di calo (2014, 2016 e 2018) e due di aumento tutto sommato modesto (2015 e 2020).
Le valutazioni attuali, pur in ridimensionamento e dopo un “opportunistico” cambio di paniere di società presenti nell’indice, rimangono comunque superiori a 30 in termini di rapporto prezzo utili. Un settore sicuramente growth. Decisamente meno costoso il mondo dell’oil&gas globale con quel rapporto di P/E di 10 che le attuali prospettive dell’andamento del mercato del petrolio rendono ancora interessante investire nelle partecipazioni nelle varie ExxonMobil, Chevron e Shell.
L’energia e il suo efficientamento saranno un fulcro importante della crescita del ventunesimo secolo, ma abbracciare senza indugio il nuovo tralasciando il vecchio mondo (che intanto si rinnova) rischia di essere stato un tragico errore. Come sempre meglio investire con equilibrio e diversificazione, anche di fonti energetiche.