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L'oro continua a veleggiare intorno a quota 2.000 dollari e le azioni aurifere si impennano;
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L'interesse di Warren Buffett per Barrick Gold ha riacceso le luce su un comparto volatile;
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Diversi ETF permettono di investire nelle azioni aurifere, ma il più grande difetto è l'eccessiva concentrazione sui pochi titoli
Con l’oro che da settimana veleggiare intorno ai 2.000 dollari l’oncia tornano a ripopolarsi i consigli per gli acquisti sulle azioni aurifere rinforzati dalle mosse di grande spessore di investitori come Warren Buffett, entrato di recente in Barrick Gold. Specie dal periodo della crisi dell’Euro il metallo giallo è stato croce e delizia degli investitori. La prima cosa da dire è che rispetto ai massimi del 2011 un indice molto trattato a livello di benchmark come l’HUI, scambia in questo momento al 50% dai massimi storici.
Osservando con ancora più attenzione il grafico vediamo come una buona fetta di coloro che hanno effettuato acquisti tra il 2008 e il 2013 sono pesantemente in difficoltà o solo ora cominciano ad intravedere il punto di pareggio dell’investimento. I sostenitori delle azioni aurifere portano a rafforzamento della loro tesi il grafico che mette a confronto la performance dal 2009 di oro e azioni del settore. Secondo i compratori, il terreno da recuperare è ancora tanto.
Quello sui titoli legati all'oro è un investimento altamente speculativo, spesso e volentieri considerato a leva sulla materia prima. I motivi sono diversi. Prima di tutto è un si tratta di titoli che riflettono il movimento del metallo giallo ma che in più devono fare i conti con una diversificazione molto blanda (poche società con business tutti identici), influenzata dall’andamento di tassi di interesse ma anche da quello di altre commodity come il petrolio. Trattandosi quasi completamente di società minerarie, il prezzo dell’energia che serve per scavare il terreno ha un impatto in termini di costi (e quindi di redditività) notevole.
Azioni aurifere: gli ETF per investire nel settore
In Italia sono molti gli ETF quotati che investono nell’azionario aurifero. Leader del settore è sicuramente VanEck che offre due ETF ben capitalizzati che si differenziano tra di loro semplicemente per la natura delle società inserite nel paniere. Il VanEck Vectors Gold Miners replica le società dell'industria globale dell’estrazione di oro ed argento che generano almeno il 50% dei propri ricavi da questo settore.
Il secondo ETF ha come sottostante l’indice MVIS Global Junior Gold Miners, il quale replica l'andamento delle società più piccole e liquide dell'industria globale dell’estrazione di oro e argento che generano almeno il 50% dei propri ricavi da questo settore. Le performance passate e la volatilità non differiscono di molto tra i due strumenti e per questo ci concentreremo sul primo, il classico Gold Miners.
Basta osservare il peso dei primi 10 titoli dell’ETF per capire il problema di concentrazione accennato prima. Newmont e Barrick Gold fanno un quarto del portafoglio. I primi 10 titoli costituiscono il 63% dell’intero paniere, ma se ci fermiamo alle prime 6 società siamo quasi al 45%. Anche a livello geografico la diversificazione è scarsa. Domina il Canada (44%) seguito da USA (17%) e Australia (13%). Importanti le valutazioni raggiunte alla fine di luglio.
Il rapporto prezzo/utili di 23 e quello prezzo/valore di libro contabile a 2,7 rendono l’idea di società non a sconto. Quello che mi preme sottolineare è la volatilità dell’ETF, pari al 43% su base annua, un numero che fa impallidire il 28% di un azionario globale tradizionale. È evidente che se la debolezza del dollaro permetterà all’oro di proseguire il rialzo come ha fatto negli ultimi mesi le azioni aurifere saranno un investimento potenzialmente profittevole. Si deve però ricordare sempre di rapportare il rendimento al rischio espresso dalla volatilità. Vedrete a quel punto che molte aspettative si ridimensioneranno invitando ad una maggiore prudenza e diversificazione.